
Il documento sottoscritto da 28 Paesi, tra i quali l'Italia, con il quale si chiede a Netanyahu di fermare la strage di civili, denunciando lo sfollamento forzato e le modalità di distribuzione degli aiuti oltre alla mancanza di assistenza umanitaria, è molto importante e quanto mai opportuno. È stato non solo giusto ma doveroso sostenere lo Stato di Israele nella sua risposta al pogrom del 7/10/23. Quel massacro infatti non è stato uno dei consueti attacchi terroristici che la società israeliana è abituata a sopportare e assorbire. Per le sue caratteristiche e dimensioni è stato molto, ma molto di più.
Con la regia iraniana si è inteso assestare un colpo durissimo e destabilizzante alla sicurezza di Israele approfittando della confusione politica interna e delle falle emerse nei sistemi di sicurezza. Sarebbe stato peraltro auspicabile che alla grande mobilitazione dei tanti israeliani che chiedevano la liberazione degli ostaggi, avesse fatto eco una altrettanto e ancor più forte mobilitazione in tutto il mondo libero con la stessa richiesta. Ma al di là di formali dichiarazioni in Occidente sono state purtroppo più rumorose le minoranze Pro Pal amiche di Hamas. Mentre la stessa popolazione di Gaza veniva cinicamente utilizzata dai terroristi di Hamas come scudo umano. E anche in Italia ci siamo ritrovati in pochi a denunciare l'ipocrisia di quanti dichiaravano di sostenere la causa palestinese ma tacevano sulla dura e violenta repressione da parte dei miliziani di Hamas nei confronti dei tanti palestinesi che dissentivano. Non è stato certamente facile insomma tenere il punto e fronteggiare le contraddizioni che il criminale attacco del 7/10 e la conseguente reazione israeliana ha fatto esplodere in tutto l'Occidente. Pur tuttavia si conferma che la messa in sicurezza dello Stato di Israele resta una assoluta priorità, propedeutica a qualsiasi possibile percorso di pace e alla stessa creazione dello Stato palestinese la cui nascita è legittima aspirazione di quel popolo.
Con altrettanta evidenza però è chiaro come la reazione israeliana, fattasi via via sempre più sproporzionata, oggi ha superato il segno e appare del tutto inaccettabile. Del resto l'insostenibile numero di vittime civili e le condotte disumane come nel caso della discutibile distribuzione di cibo e acqua, espongono lo stesso Stato di Israele al rischio di un sempre maggiore isolamento internazionale. La strategia israeliana appare dunque come una guerra permanente, fine a se stessa e priva di una prospettiva politica risolutiva. Saggia e opportuna appare pertanto l'iniziativa dei 28 Paesi, tra i quali il nostro, che chiedono a Israele di fermarsi e tornano a fare riferimento al diritto internazionale, tema quasi del tutto derubricato nel confronto politico-diplomatico di questi mesi. Ma l'importanza di questa iniziativa non è solo nel merito delle questioni poste ma perché a sottoscriverlo sono i Paesi che hanno sempre sostenuto Israele e che intendono continuare a farlo. Paesi che in gran parte hanno sinora contrastato improvvide iniziative unilaterali di boicottaggio nei confronti di Israele che non solo sarebbero inefficaci ma renderebbero profonda e forse insanabile la rottura con quel Paese.
Sarebbe quindi davvero auspicabile che il Governo israeliano presti seriamente ascolto a questa iniziativa offrendo così un concreto contributo a cessare il fuoco, fare avanzare la pace, evitando che cresca e si alimenti un antisemitismo che in ogni caso va sempre denunciato e fermamente contrastato.