Coronavirus

Lombardia, al via il 23 aprile dei primi test sierologici

Ecco chi li dovrà fare. Le prime a iniziare saranno Bergamo, Brescia, Lodi e Cremona. Dopo 4 giorni sarà la volta di Milano

Lombardia, al via il 23 aprile dei primi test sierologici

La Lombardia vuole ripartire, ma lo vuole fare in sicurezza. Cercando di prendere tutte le cautele del caso attraverso le ormai famose 4 D. Tra queste c’è anche quella relativa ai test sierologici.

Già, perché il 4 maggio non è poi così lontano e da fare c’è ancora tanto. La Lombardia darà il via ai test il prossimo 23 aprile. Le prime città interessate saranno quelle fino a questo momento maggiormente colpite dall’epidemia. E quindi Bergamo, Brescia, Lodi e Cremona. Dopo quattro giorni toccherà anche a Milano. Tanti coloro che dovranno probabilmente tornare sul posto di lavoro e che vedono questo test come l’occasione per ricominciare a vivere e ad avere, in maniera ridotta è ovvio, una certa vita sociale. Una patente, per così dire, che permetta di muoversi liberamente grazie all’immunità. Ma questa idea non sembra però del tutto corretta, anche perché non è detto che sia alla fine alta la percentuale di immuni. E c’è chi torna con la memoria a dicembre, quando per un giorno e mezzo ha avuto un malessere passeggero e magari una o due linee di febbre. Hai visto mai che era il coronavirus contratto in modo leggero?

Ma saranno tanti gli immuni?

Come riportato da il Corriere, Carlo Nicora, direttore dell’ospedale San Matteo di Pavia, per intenderci l’unica struttura ospedaliera che ha elaborato un test sierologico di cui la Lombardia si fida, ha spiegato che secondo loro “la percentuale di immuni non sarà così elevata. In base a piccoli campioni di ricerca che abbiamo potrebbe raggiungere il 20/30 per cento nelle zone più esposte al virus. Ma la Lombardia è come spaccata in due, nel resto la percentuale di persone con gli anticorpi sarà molto più bassa”. Tentare comunque non nuoce.

Una volta partiti, si dovrebbero riuscire a fare 20/25mila test giornalieri. Sono stati chiesti gli straordinari a tutti, anche perché il tempo stringe e le persone che vivono in Lombardia sono circa 10 milioni. D’accordo che i laboratori sono più di 50, ma hanno anche altro da fare oltre ai prelievi in questione. Tra l’altro non sarebbero ancora stati ordinati i kit necessari, mentre altri Paesi, come Israele, Belgio e Germania, ci hanno invece già pensato. Nicora ha sottolineato che più si aspetta e più c’è il rischio che l’attesa diventi infinita. Un po’ come con le mascherine, i guanti e i tamponi. Scena purtroppo già vista.

Chi saranno i primi a farli

All’inizio non tutti saranno sottoposti al test: i primi saranno ovviamente i medici, gli infermieri e i tecnici di laboratorio di ospedali, compresi quelli delle Rsa. Circa 300mila persone in tutto. Servirà una richiesta del medico del lavoro o di quello di base per effettuare l’esame diagnostico. Una volta terminati gli operatori sanitari si passerà a coloro che dovranno rientrare al lavoro lunedì 4 maggio.

Ma, come prevede Nicora, “ci sarà verosimilmente un 80/85 per cento della gente che rientrando nel circuito lavorativo non sarà immune e quindi dovrà rispettare davvero il distanziamento sociale, stando il più possibile ai margini di una guerra che purtroppo non è finita”.

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