Coronavirus

Maturità online, no 6 politico. Ma in "remoto" non è scuola

Papà lavora "da remoto", cioè da casa, mentre il figlio, nella stanza accanto, partecipa alle lezioni in videoconferenza

Maturità online, no 6 politico. Ma in "remoto" non è scuola

Papà lavora «da remoto», cioè da casa, mentre il figlio, nella stanza accanto, partecipa alle lezioni in videoconferenza. In due settimane, la necessità di sfuggire al contagio ha costretto aziende e scuole a fare un primo salto nel futuro, avvalendosi di tecnologie a dire il vero già disponibili da molto tempo. La barriera era più che altro mentale. Fatto questo primo passo, si presentano subito altre due necessità. La prima è pratica. Purtroppo non sappiamo quando finirà l'emergenza e non si può escludere una seconda ondata di Coronavirus in autunno. Per quel momento, tutti gli alunni d'Italia dovranno avere un computer e una connessione a banda larga. In caso contrario, l'ingiustizia sarebbe intollerabile. Il ministero sembra avere presente il problema, ma lo Stato aveva presente anche il rischio pandemia, e abbiamo visto come è andata a finire. Quindi meglio darsi una mossa. La seconda necessità consiste nell'evitare l'elogio incondizionato della tecnologia, che deve restare un palliativo, uno strumento da utilizzarsi in via eccezionale. A scuola si sta insieme, e quello che si impara nell'intervallo non è meno importante della lezione di italiano o matematica. Alcuni ragazzi avranno un solo, reale confronto col resto del mondo, e sapete dove? A scuola. Fuori dalle aule, ognuno di noi, con mille eccezioni, ovvio, tende a frequentare il suo ambiente, e può spostarsi dall'Europa alla Cina, dal Polo Nord al Polo Sud, senza mai uscirne. Che dire poi dell'insegnamento? Socrate parlava e passeggiava con i suoi allievi. Da allora non si è trovato un modo migliore di trasmettere il sapere. La cultura passa anche dal rapporto tra maestro e allievo, sia quando si trasforma in felice emulazione sia quando diventa ribellione o rifiuto. I professori ce la mettono tutta, niente da dire. Affrontano la novità con impegno. Ma inevitabilmente diventano dispensatori di informazioni, fondamentali, per carità, ma se l'insegnamento fosse soltanto questo, dispensare informazioni, basterebbe davvero la tecnologia.

Tra qualche generazione, il robot potrebbe mandare in pensione il professore e probabilmente anche l'intelligenza (umana) per sostituirla con una versione (umana, troppo umana) dell'intelligenza artificiale.

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