Cronache

Morto il boss Raffaele Ganci, fedelissimo di Riina. Ecco chi era

La lunga serie di ergastoli, l'amicizia con il boss, Il collegamento con la morte di Falcone, l'odio per il figlio pentito. Cosa si sa della figura misteriosa de "il macellaio"

Morto il boss Raffaele Ganci, fedelissimo di Riina. Ecco chi era

Raffaele Ganci, detto "Il macellaio", è stata una delle figure di spicco negli anni della mafia sanguinaria. Autore diretto di decine di omicidi e indiretto della morte di Carlo Alberto dalla Chiesa, Mario Francese e Ninni Cassarà. Il boss è morto ieri a Milano a 90 anni. Era ricoverato all'ospedale San Paolo nel reparto detenuti.

La mafia e gli omicidi del boss

Ritenuto il capomafia della cosca del quartiere palermitano della Noce, Ganci era chiamato "Il macellaio" perché assieme alla famiglia portava avanti un'attività che si occupava del commercio delle carni. Era da sempre considerato uomo fedelissimo a Totò Riina, per il quale nutriva affetto e devozione. Fu lui, infatti, ad aiutarlo durante i giorni di latitanza quando il "Capo dei capi" era ricercato.

Era diventato "il padrino" della Noce successivamente alla morte dell'ex capo Salvatore Scaglione. Il boss era stato ucciso proprio per ordine di Ganci nel 1982 nel corso di una grigliata all'aperto. Quel giorno erano presenti una dozzina di mafiosi di Partanna-Mondello e dell'Acquasanta

Il boss era stato trasferito in definitiva al carcere previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario nel supercarcere di Opera, a Milano. Tra i reati, oltre a quello per associazione mafiosa, anche una decina di omicidi per mano sua. Era stato invece uno dei mandanti per gli assassinii del generale Carlo Alberto dalla Chiesa - per cui fu condannato a uno dei molto ergastoli -, del vice questore Ninni Cassarà e del giornalista Mario Francese.

L'uccisione di Falcone e la rottura con il figlio

Il nome di Raffaele Ganci ruota attorno numerosi misteri, tra i quali anche alcuni indizi che lo legano alla morte di Giovanni Falcone. Durante le indagini sulla strage, a fare il suo nome era stato il figlio pentito Calogero. L'uomo raccontò agli agenti che la macelleria era il luogo privilegiato per osservare i movimenti del magistrato. Il negozio si trovava difatti vicino alle residenze dei giudici Rocco Chinnici in Via Pipitone Federico e di Giovanni Falcone. Inoltre pare che, quando quel 23 maggio 1992 la macchina con dentro il giudice antimafia partì per tornare a Palermo, l'avviso partì proprio dalla ditta di Ganci.

Il 10 giugno 1993 Raffaele Ganci fu arrestato a Terrasini dopo cinque anni di latitanza, insieme ai sui figli. Uno dei due, Calogero, che gestiva con il padre le redini delle attività illecite, decise di diventare collaboratore di giustizia confessando oltre 100 omicidi, al contrario del fratello "Mimmo" che si trova attualmente al 41 bis e sta scontando una serie di ergastoli. Quando il padre seppe del suo cambio di rotta arrivò a rinnegare il nome del figlio pentito. Il gesto, infatti, era considerato un vero tradimento e una vergogna per la famiglia.

Durante proprio il processo per la strage di Capaci, don Raffaele aveva gridato in aula:"Sento l'odore di mio figlio".

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