Ora anche il Capodanno è diventato antifascista

Il Capodanno "antifascista": l'ultima trovata di due organizzazioni padovane. Ecco chi prova ad etichettare persino le festività

Ora anche il Capodanno è diventato antifascista

Il Capodanno antifascista è l'ultima trovata di "Infospazio Chinatown" e "Marzolo occupata". Le due organizzazioni padovane - infatti - "offrono" la partecipazione ad una serata speciale: "Dalle 18.00 all'Infospazio Chinatown (via Varese 10, rione Palestro) Capodanno popolare - si legge sulla pagina Facebook dedicata all'evento - con "aperitivo, musica, intrattenimento per i più piccoli e socialità". Poi, alle 20,30, il cenone, a base di "risotto con radicchio tardivo e tastasale, cotechino, arista al latte, pearà, lenticchie, dolci, vino, caffè ed ammazzacaffè". Un menù che sembrerebbe un po' radical chic, secondo l'espressione idiomatica coniata da Tom Wolfe negli anni settanta.

"Tutto sul cacio e pere" recitava un volantino satirico diventato virale sui social, qualche anno fa, sbeffeggiando i giovani di sinistra. Un testo che sembrerebbe adatto anche a quest'occasione padovana. Alle 24.00, lo spettacolo pirotecnico in piazza Caduti della Resistenza e - ancora - il "corteo antifascista" verso la "Marzolo Occupata". L'ideologizzazione arriva così a toccare anche l'ultimo dell'anno. Il corteo sarà finalizzato ad unire questi due quartieri popolari di Padova che - secondo gli organizzatori - "subiscono le medesime politiche di speculazione e gentrificazione, abbandono e svendita dell'edilizia popolare, distruzione di ogni servizio agli abitanti e di attacco agli spazi di aggregazione non mercificata ed organizzazione di classe". Padova starebbe diventando una "Smart City". Un corteo anticapitalista e antifascista - quindi - si rende necessario. Dall'1.30 di notte - infine - si passa al divertimento: "Dj set, brindisi e balli sfrenati fino alle prime luci del nuovo anno". Una modalità di festeggiamento tipicamente anticapitalista e sconosciuta alle nefandezze di questo mondo intriso di disuguaglianza sociale. Karl Marx ne andrebbe fiero.

Dopo l'anagrafe antifascista, anche il Capodanno acquisisce la sua patente di legittimità. Niente - del resto - sembra ormai essere immune all'ossessione del fascismo, così come l'ha definita Marcello Veneziani. Chissà - poi - cosa avrebbe pensato Pier Paolo Pasolini di questo Capodanno resistente e "sfrenato". Lo stesso Pasolini che - 16 maggio del 1974 - scriveva sul Corriere della Sera: "Non c’è più dunque differenza apprezzabile, al di fuori di una scelta politica come schema morto da riempire gesticolando, tra un qualsiasi cittadino italiano fascista -e un qualsiasi cittadino italiano antifascista. Essi sono culturalmente, psicologicamente e, quel che è più impressionante, fisicamente, interscambiabili…". E ancora, sempre nel 1974, ma su "Scritti Corsari", Pasolini scriveva: "Esiste oggi una forma di antifascismo archeologico che è poi un buon pretesto per procurarsi una patente di antifascismo reale. Si tratta di un antifascismo facile che ha per oggetto ed obiettivo un fascismo arcaico che non esiste più e che non esisterà mai più. […] Questa non è una semplice constatazione epidermica, puramente tecnica, è il simbolo di un cambiamento totale nel modo di essere, di comunicare. È così la folla, quella folla "oceanica". Basta un attimo - chiosava lo scrittore e regista - per posare gli occhi su quei visi per vedere che quella folla lì non c’è più, che sono dei morti, che sono i nostri avi. Basta questo per capire che quel fascismo non si ripeterà mai più". Non è così - evidentemente - per "Infospazio Chinatown" e "Marzolo occupata", che si preparano ad un nuovo anno di "lotta antifascista e anticapitalista". Come se capitalismo e fascismo - poi - fossero ideologie contigue o accomunabili.

Ma l'antifascismo contemporaneo non conosce freni, così tanto che neppure le recenti dichiarazioni di Zizek e Chomsky contro l'isteria antifascista sembrano aver avuto qualche effetto. Il Capodanno degli antifascisti dei giorni nostri è diverso da quello degli altri: un cenone, un dj set, balli sfrenati e un corteo. Il tutto evidentemente dedotto da qualche sacro testo della resistenza. Oppure - meno nobilmente - tratto dalla prassi di festeggiare comune a tutti gli italiani.

Tranne l'etichetta di "antifascismo". Quest'ultima - che di questi tempi viene appiccicata dove si può - è una prerogativa solo loro: degli unici che non si accorgono di quanto sia illiberale cercare di etichettare persino le festività.

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