Il piano di Salvini per "ribaltare" Open Arms

Ecco la strategia di Matteo Salvini in vista dell'imminente processo sul caso Open Arms, dove l'ex ministro dell'Interno è imputato per sequestro di persona e abuso di ufficio

Il piano di Salvini per "ribaltare" Open Arms

Matteo Salvini è atteso a Palermo il prossimo 15 settembre. Qui inizierà il processo sul caso Open Arms che lo vede imputato per abuso di ufficio e sequestro di persona. Dopo la notizia della richiesta di acquisizione di atti a Trapani sull'inchiesta relativa alle Ong portata avanti dal 2017, nelle ultime ore sono emersi ulteriori dettagli sulla strategia difensiva dell'ex ministro dell'Interno.

31 nomi chiamati a testimoniare

La vicenda è nata nell'agosto del 2019, quando Salvini in qualità di titolare del Viminale ha ordinato lo stop allo sbarco dei migranti a bordo della nave Open Arms, Ong spagnola in quel momento presente a largo di Lampedusa. Il 20 agosto di quell'anno il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, è salito a bordo dell'imbarcazione imponendone il sequestro. In tal modo i migranti sono sbarcati a dai suoi uffici della città siciliana il magistrato ha aperto il fascicolo contro Salvini.

Il caso poi è passato per competenza al tribunale dei ministri di Palermo e il Senato nel luglio 2020 ha dato il via libera al processo. Dopo il rinvio a giudizio arrivato ad aprile, Salvini con l'avvocato Giulia Bongiorno ha iniziato a studiare le strategie difensive.

Così come riportato dall'AdnKronos, il segretario della Lega potrebbe chiamare a testimoniare ben 31 persone. Tra questi spiccano politici, diplomatici e funzionari di Polizia. Nell'elenco che il collegio difensivo sarebbe pronto a presentare ai giudici spunterebbe anche il nome dell'ex presidente del consiglio Giuseppe Conte. Ma anche dell'attuale ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Nella lista anche ministri dell'esecutivo Conte I, quello dove Salvini era ministro dell'Interno. Si va da Danilo Toninelli, ex minsitro dei Trasporti, a Moavero Milanesi, ex titolare degli Esteri, fino a Giovanni Tria, al ministero dell'economia durante l'esperienza gialloverde. Ad essere chiamati in causa potrebbero essere anche i sottosegretari Stefano Candiani, Nicola Molteni e Stefano Lucidi. Ma tra i politici a spiccare è il nome di Joseph Muscat, ex premier maltese.

Da La Valletta potrebbe arrivare a Palermo l'ambasciatrice Vanessa Franzier. E a proposito di diplomatici, nella lista che i giudici dovranno vagliare per l'ammissione al processo vi è anche l'ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente dell'Italia all'Unione Europea. C'è poi il nome di Elisabetta Belloni, all'epoca segretaria generale della Farnesina e nominata poche settimane fa a capo del Dis.

Lunga anche la lista dei funzionari di Polizia e dei burocrati nell'elenco dei 31. C'è infatti l'attuale prefetti di Roma, Matteo Piantedosi, all'epoca capo di gabinetto di Salvini. Così come il questore di Agrigento, Maria Rosa Iraci, e il dirigente della Squadra Mobile della città dei templi, Giovanni Minardi.

Tra i possibili testimoni potrebbero esserci due importanti membri di Open Arms: il comandante della nave spagnola, Marc Reig Creus, e la capo missione Ana Isabel Montes. Creus potrebbe quindi essere presente nel doppio ruolo di testimone e di parte civile.

L'obiettivo di Salvini

Per diversi politici inclusi nell'elenco non si tratterebbe della prima deposizione in un processo che riguarda Salvini. Conte, Lamorgese e Di Maio su tutti sono stati già ascoltati nell'ambito delle udienze preliminari sul caso Gregoretti, svoltesi a Catania. In quell'occasione i giudici si sono espressi per il non luogo a procedere. Ed è proprio la sovrapposizione tra il caso Gregoretti e quello Open Arms la prima carta difensiva del segretario leghista.

I due procedimenti sono stati definiti quasi gemelli. A Catania il Gup ha parlato di scelte politiche operate da Salvini condivise collegialmente con il governo di allora. Da qui la strategia volta a dimostrare la similarità con il caso Open Arms.

Salvini vuole dimostrare che lo stop allo sbarco si è inserito nell'ambito di una linea politica volta a richiamare l'Europa alle sue responsabilità e alla redistribuzione dei migranti. Una linea che, secondo l'ex ministro, era condivisa da tutto il governo Conte I.

Le eventuali testimonianze dei diplomatici e dei funzionari di Polizia invece, mirerebbero a dimostrare un altro possibile

pilastro della difesa salviniana. Ossia che l'Italia non era chiamata in quel frangente ad assegnare un porto sicuro e che questo onere sarebbe spettato o alla Spagna, in quanto Paesi di bandiera della Open Arms, o a Malta.

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