Scena del crimine

"Una 'cultura' che punisce le donne", Samira sparì come Saman

La procura di Ivrea ha archiviato il caso di scomparsa di Samira Sbiaa. Il marito della 32enne era stato indagato per omicidio 17 anni dopo

Il cortile dove si è cercata Samira Sbiaa
Il cortile dove si è cercata Samira Sbiaa

Nessuna verità per Samira Sbiaa, la 32enne di origini marocchine residente a Settimo Torinese di cui si sono perse le tracce dal 7 aprile del 2002. Lo scorso 8 giugno la Procura della Repubblica di Ivrea ha deciso di archiviare il fascicolo per le indagini di scomparsa dopo che, appena tre anni fa, il caso sembrava fosse giunto a una svolta decisiva. Nel 2017 il marito della donna, Salvatore Caruso, ex guardia giurata convertita all'Islam con il doppio degli anni di Samira, era finito nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato per omicidio volontario. Ma la pista delittuosa, nel contesto della relazione coniugale, è scemata a fronte di un carico probatorio inconsistente. "Le indagini sono state tardive e Caruso non è stato correttamente interrogato sui fatti", spiega alla nostra redazione la criminologa Ursula Franco, esperta in Statement Analyst, una tecnica di analisi del linguaggio che permette di ricostruire i fatti relativi a un caso giudiziario attraverso lo studio di ogni parola presente nelle dichiarazioni di sospettati, indagati e testimoni.

Resta il dubbio e il "giallo" di una scomparsa misteriosa. Dov'è finita Samira? "Dato che Samira è scomparsa improvvisamente senza lasciare traccia, l’accusa dovrà dimostrare che sia stato il marito a essere l'autore di un presunto reato. E non sarà facile poiché non abbiamo una vittima, né una scena del crimine. In questi anni non vi è stata alcuna traccia della sua esistenza: un bancomat, una carta di credito, nulla. Scomparsa", spiega a ilGiornale.it il professor Simone Borile, antropologo della violenza, criminologo e docente di antropologia della violenza presso il corso di studio triennale in Scienze della Mediazione Linguistica e Culturale del Campus Ciels di Padova Brescia e Roma.

La scomparsa

Samira Sbiaa è scomparsa da Settimo Torinese il 7 aprile del 2002. Era approdata in Italia a seguito del matrimonio con Salvatore Caruso, una ex guardia giurata col doppio dei suoi anni, convertito all'Islam. Lui e Samira si erano conosciuti in Marocco tramite un parente della donna e, dopo le nozze in Africa, si erano stabiliti nell'hinterland torinese. Lei, appena 32enne, usciva pochissimo di casa e mai da sola. Era stato Caruso, nel 2002, pochi giorni dopo la sua scomparsa, a segnalare l'allontanamento denunciando la moglie per appropriazione indebita di denaro. A suo dire, Samira avrebbe abbandonato volontariamente il tetto coniugale portando via con sé via poco più di un milione di vecchie lire. Poi però, qualche mese dopo, aveva ritirato la denuncia e chiesto il divorzio. "Io sono stato bidonato. Sono io la vittima", rispondeva Caruso ai cronisti che lo incalzavano con le domande quando, tre anni fa, finì sotto la lente d'ingrandimento degli investigatori. Ma la sua versione dei fatti, spesso contraddittoria, non ha mai convinto fino in fondo nessuno.

Samira: "La sorella voleva sposarmi"

Samira: "La sorella voleva venire in Italia al posto suo. Le accuse si smonteranno, io non ho fatto niente". A "Chi l'ha visto?" Salvatore Caruso, il marito della donna scomparsa a Settimo Torinese, indagato per omicidio. [VAI ALLA PAGINA]→ http://www.chilhavisto.rai.it/dl/clv/Scomparsi/ContentSet-2d05f8ae-7f0d-456e-8a66-ec34819c42e1.html

Pubblicato da Chi l'ha visto? su Lunedì 25 marzo 2019

Le indagini 17 anni dopo

Dopo 17 anni di silenzi, il giallo della scomparsa di Samira sembrava fosse giunto a un punto di svolta. La procura di Ivrea aveva deciso di aprire un fascicolo per omicidio volontario in cui risultava indagato Salvatore Caruso. Era stato il padre della 32enne a chiedere di indagare sull'ex guardia giurata tramite un'amica della figlia. "Samira raccontava alla sorella di essere stata segregata, di mangiare cibi scaduti – spiegò al tempo, Touria Bouksibi, dell'associazione 'Donne e bambini in difficoltà' – Per questo la famiglia si era rivolta a me. Vogliono sapere che fine abbia fatto la figlia". Così nella primavera del 2017 i carabinieri avevano eseguito un primo sopralluogo nell'appartamento coniugale, sequestrando 4 pistole, una carabina e diversi proiettili, tutti detenuti regolarmente. Agli inizi di marzo, i militari dell'arma, guidati dal capitano Luca Giacolla, assieme alla polizia locale, erano tornati nella palazzina a due piani al civico 12 di via Petrarca, a Settimo Torinese, nella speranza di trovare qualche traccia della donna. Dapprima avevano svuotato la fossa settica poi, avevano perlustrato il garage della proprietà: il sospetto era che Samira fosse stata uccisa e sepolta in casa. Alcuni vicini, anni prima, avevano raccontato di aver sentito dei rumori provenire dalle mura di una delle rimesse. E Caruso, accumulatore seriale, da tempo non le utilizzava più lasciando il suo Doblò sempre in cortile. Raggiungere i box, strapieni di oggetti accatastati l'uno sopra l'altro, non era stato facile. All'interno erano accatastate finestre rotte, secchi sporchi, televisori inutilizzabili, persino stracci e vecchi vestiti. Per non parlare dei sacchi della spazzatura maleodoranti, comodo rifugio per topi e altri animali.

Le ricerche coi cani molecolari

Il 21 marzo del 2017 la verità sembrava fosse a un passo. In casa di Caruso intervennero nuovamente i carabinieri, stavolta in compagnia dei cani molecolari del nucleo cinofilo dell'Arma di Bologna e degli esperti Sis (Sezione investigazioni scientifiche). Dopo circa 8 ore di attività, Aska e Simba, due pastori tedeschi in grado di segnalare la presenza di cadaveri in stato di decomposizione nel sottosuolo, fiutarono tracce sospette nel giardino e al piano terra dell'abitazione. A quel punto gli investigatori decisero di rivangare la superficie circostante la palazzina di via Petrarca nella speranza di ritrovare il corpo di Samira. Sul luogo arrivò anche una squadra di operai, muniti di picconi e martelli, un escavatore e un camion per lo spurgo delle acque nere. Dal cortile furono recuperate una scarpa da donna e una serie di "ossa piatte", verosimilmente uno sterno e una testa d'omero. I reperti furono analizzati dalla genetista Monica Omodei del laboratorio di analisi di Orbassano che accertò trattarsi di frammenti ossei di animali. Da quel momento le indagini subirono una battuta di arresto.

Lo scorso 8 giugno il procuratore di Ivrea Giuseppe Ferrando, a capo dell'inchiesta, ha annunciato l'archiviazione del caso. "Ad oggi non abbiamo elementi per sostenere in giudizio che Samira sia stata uccisa dall'ex marito", ha riferito alla stampa. Eppure troppe cose ancora non tornano.

Le dichiarazioni di Caruso

Durante gli scavi nell'appartamento di via Petrarca, Caruso spiava i lavori degli uomini con le tute bianche da dietro le imposte chiuse. Quando gli dissero che era indagato per omicidio, si sfogò coi cronisti dicendo che erano "soltanto balle" che "Samira era fuggita" e lo aveva pure derubato. "Scappata dove, signor Caruso?" gli domandarono. E lui spiegò che era tornata in Marocco: "L'ho accompagnata io stesso a Torino a prendere il bus per tonare giù. Voleva raggiungere la famiglia per il Ramadan". "Guardate che sono io la vittima di questa storia", si difendeva. Poi, raccontò di averla cercata dopo qualche mese che era partita. Di aver chiamato i parenti e gli amici. Disse di averla denunciata per i "beni spariti" – a suo dire, circa 1 milione di vecchie lire - e per "abbandono del tetto coniugale". Le sue dichiarazioni furono spesso contraddittorie, a tratti confuse e approssimative. Mentiva? "Caruso non ha mai negato in modo credibile di aver ucciso sua moglie Samira e ha preso le distanze da lei - spiega la criminologa Ursula Franco - Si è riferito a lei con 'questa persona', gender neutral, un modo per prenderne le distanze. È poi inaspettato che il Caruso abbia detto 'Dovevo impiccarmi pure io. Dovevo impiccarmi?' e 'non si è fatta più viva' e 'non s’è fatta viva', viene da chiedersi a cosa stesse pensando. Servirebbe un interrogatorio ben condotto sui suoi movimenti del giorno della scomparsa di Samira".

Analogie con la vicenda di Saman Abbas

La storia di Samira Sbiaa suggerisce delle analogie - seppur marginali - con la scomparsa di Saman Abbas, la 18enne di origini pakistane residente a Novellara di cui non si hanno più notizie dallo scorso 30 aprile. La procura di Reggio Emilia ha aperto un fascicolo per omicidio premeditato e occultamento di cadavere in cui sono indagati il padre, la madre, lo zio e due cugini della giovane. "Ciò che è avvenuto a Saman è definito reato culturalmente orientato. Donne che vengono punite, e uccise poiché infrangono codici e riferimenti della cultura di origine - spiega il professor Simone Borile - Una vergogna cui solo la stessa famiglia, per evitare il propagarsi dell’onta ricevuta, può porvi rimedio. Sono reati commessi con chiara predeterminazione, in modalità collegiale, posti in essere dagli stessi membri della famiglia, obbligati culturalmente a ripristinare un disonore derivante da una condotta ritenuta immorale e inadeguata. Questi episodi di maltrattamenti e di violenze intradomestiche sono, ahimè, frequentissimi e provengono da un conflitto culturale scatenato tra aderenza ai valori della cultura di origine e apertura e verso patrimoni culturali nuovi, in cui non sempre però i processi di inclusione e di incorporazione valoriale hanno dato esiti positivi". Resta il mistero e il dramma di due giovani donne che potrebbero aver pagato a caro prezzo il sogno della libertà negata.

"Scomparse".

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