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La scelta del pragmatismo

Dopo la tragedia c'è stata la polemica - infuocata e sguaiata - e poi, alla fine, dopo dodici lunghissimi giorni, è arrivato il buonsenso.

La scelta  del pragmatismo

Dopo la tragedia c'è stata la polemica - infuocata e sguaiata - e poi, alla fine, dopo dodici lunghissimi giorni, è arrivato il buonsenso. Una parola banale per un concetto di difficilissima reperibilità sul mercato della politica. Specialmente quando si parla di un tema divisivo, ustorio ed elettorale come l'immigrazione, sempre impiccato alla truffa buonista - che promette eldorado inesistenti a chiunque voglia venire in Italia - e sempre in bilico sul precipizio dell'accusa di razzismo.

C'era solo un modo per maneggiare una questione che riguarda centinaia di migliaia di vite umane: mettere da parte l'ideologia, senza però rinunciare alle proprie idee, e imboccare la strada del pragmatismo. Ed è quello che la Meloni e i suoi ministri hanno fatto. Il governo, riunito ieri in un cdm a Cutro, ha licenziato all'unanimità un decreto che prova a mettere insieme due parole che da sempre volteggiano sul tavolo della politica, ma che raramente si sono incontrate: rigore e accoglienza. Innanzitutto inflessibilità con gli scafisti, massima durezza con i trafficanti di esseri umani: pene fino a trent'anni e maggior raggio di azione per arrestarli. Perché i primi colpevoli di ogni tragedia del mare - non dimentichiamolo -, sono coloro i quali si arricchiscono contrabbandando vite disperate in fuga da guerre e regimi. E, di fronte a questa evidenza, le accuse dell'opposizione nei confronti dell'esecutivo si manifestano per quello che sono: mero sciacallaggio politico.

Ma nel decreto c'è anche la regolamentazione dei flussi e lo snellimento delle procedure di accoglienza per chi ha diritto di entrare in Italia. E, soprattutto, un approccio multilivello a un fenomeno, quello della migrazione, talmente vasto ed epocale da non poter essere trattato da un singolo Stato ma da tutta la Ue. Ed è proprio su questo tema e, nello specifico, sulla redistribuzione che Bruxelles ha troppe volte colpevolmente fallito, lasciandoci soli. L'Italia, ieri, ha teso la mano, ora spetta all'Europa un cambio di passo. Un decreto sicuramente perfettibile e che dovrà essere rodato nel tempo, ma il nodo andava affrontato. Cosa che gli esecutivi precedenti non hanno fatto.

Questo, se non altro, è un primo passo affinché l'Italia non sia mai più il campo nomadi d'Europa e soprattutto perché il Mediterraneo non sia mai più il cimitero dei migranti.

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