La pista rom, il predatore, la segnalazione. Santina come Angela Celentano

Santina Renda svanì nulla all'età di 6 anni. Una scomparsa misteriosa, forse un rapimento, dai contorni poco chiari. Trentadue anni dopo, una segnalazione ha riacceso la speranza: "Una donna riferiva dettagli precisi"

La pista rom, il predatore, la segnalazione. Santina come Angela Celentano

La bambina in foto si chiama Santina Renda. Aveva da poco compiuto 6 anni quando scomparve dal Cep, un quartiere popolare della città di Palermo, 32 anni fa. Un uomo, Vincenzo Campanella, raccontò che la piccola era morta dopo aver battuto la testa cadendo dal suo motorino. Sicché, in preda al panico, si era disfatto del cadavere in una discarica. Successivamente ritrattò ogni singola parola professandosi estraneo alla vicenda.

Il corpo della piccina non fu mai ritrovato e, in assenza di prove certe del presunto reato, Campanella venne prosciolto. I genitori di Santina continuarono a sostenere l’ipotesi del rapimento, certi di poter riabbracciare, prima o poi, la figlioletta.

Una speranza che si è rinnovata nell'autunno 2022 quando, nel contesto di una segnalazione pervenuta all’avvocato Luigi Ferrandino sulle ricerche di Angela Celentano, è stato comparato il profilo genetico di una donna con quello dei familiari di Santina Renda. "Il test genetico ha dato esito negativo", ha spiegato alla nostra redazione il legale dei coniugi Celentano.

La scomparsa di Santina Renda

Era il 23 marzo del 1990. Di lì a pochi mesi sarebbero cominciati i mondiali di calcio che avrebbero consacrato Totò Schillaci capocannoniere della competizione sportiva. Quel pomeriggio, pressappoco alle ore 16, Santina era scesa in strada, nei pressi di via Pietro dell’Aquila, a giocare con sua sorella Francesca, di 5 anni. D’un tratto, un’auto di grossa cilindrata, con a bordo un uomo e una donna, si fermò davanti alle bambine. Santina fu prelevata con la forza dai due sconosciuti e caricata a bordo della vettura. Fu l’inizio di un mistero lungo 32 anni.

Francesca aveva assistito attonita e incredula alla scena. Fu lei a raccontare del rapimento ai genitori i quali, verso sera, denunciarono ai carabinieri la scomparsa della figlioletta. Non appena scattò l’allarme, tutto il quartiere si mobilitò. Furono passate al setaccio campagne, strade di periferia e si cercò financo sul fondo dei pozzi artesiani. Le ricerche furono tanto tempestive quanto infruttuose. Il parroco del Cep, don Francesco Anfuso, mise a disposizione la chiesa a mo’ di quartier generale per chiunque avesse notizie della piccola. Le strade del capoluogo siciliano furono tappezzate con fotografie di Santina. Fu tutto maledettamente inutile.

La pista rom e l'ipotesi del predatore sessuale

Nei giorni successivi alla scomparsa, il caso fu rilanciato dal programma televisivo “Chi l’ha visto?” condotto, all’epoca, da Paolo Guzzanti e Donatella Raffai. Nel frattempo, gli inquirenti si concentrarono sull’ipotesi del rapimento da parte dei rom. Si cercò la bimba negli accampamenti nomadi di mezza Italia. Le segnalazioni di presunti avvistamenti giunti alla redazione della trasmissione di Rai 3 furono numerosissime ma si rivelarono infondate. Fu scartata quasi subito invece la pista del sequestro a scopo di estorsione dal momento che i genitori della bimba non avevano grosse disponibilità economiche. Anzi. Il padre, 28 anni, lavorava come ferravecchio. La madre, invece, si occupava dei figli: Caterina, 10 anni, Santina, 6, Francesca 5, Valentina di 3 anni e Francesco di 2.

Per alcune settimane tenne banco tra gli inquirenti anche l’ipotesi del predatore seriale. Due anni prima della scomparsa di Santina, a marzo del 1988, in un canile distante poche centinaia di metri dal Cep, un bambino aveva subito violenza carnale e poi era stato legato a un palo con un filo di rame. Tale circostanza indusse gli investigatori a ritenere plausibile l’ipotesi del rapimento a scopo sessuale ma, anche in questo caso, non ci fu alcun riscontro. Fu ben presto abbandonata anche la pista legata al traffico di organi e al mercato nero dei bambini. Non era raro, in quegli anni, che gruppi criminali rapissero minori per poi "rivenderli" all’estero. Nel caso di Santina, ci furono segnalazioni - poi smentite - dalla Grecia e dalla Turchia.

La svolta con la confessione di “U scimunitu”

Una svolta nel caso si profilò quando Vincenzo Campanella, noto nel quartiere come u scimunitu (lo scimunito, ndr) per via di un profondo disagio psichico, si assunse la responsabilità della scomparsa di Santina. "È morta cadendo dal motorino, ha battuto la testa. Il corpo l’ho deposto prima in una valigia e poi gettato nella discarica di Bellocampo”, raccontò agli investigatori. Furono immediatamente attivate le ricerche nelle zona di Bellocampo, una collina a ridosso del Cep dove venivano smaltiti i rifiuti. Si scavò a fondo, rovistando invano tra cumuli e cumuli di spazzatura. Cinque giorni dopo la presunta confessione, il ragazzo - aveva 16 anni all’epoca - ritrattò ogni singola parola. In assenza del cadavere, gli inquirenti ritennero che la versione fornita da Campanella non fosse credibile. Anzi ipotizzarono che il racconto fosse stato inventato di sana pianta, un'elaborazione.

L’orrore sul corpo del piccolo Maurizio

Il 5 marzo 1992 si verificò un’altra misteriosa scomparsa. Stavolta, però, l’epilogo fu a dir poco drammatico. Il piccolo Maurizio Renda, 6 anni, cugino di Santina, uscì di casa per andare a giocare in strada con alcuni bambini del quartiere: svanì nel nulla. Un suo amichetto raccontò di averlo visto, l’ultima volta, in compagnia di Vincenzo Campanella. "Sta con Enzo, sono andati a riempire acqua con la moto-ape alla Montagnola, per spegnere il rame", raccontò. Campanella venne fermato e ancora una volta si autoaccusò: "Sono stato io", ammise. Stavolta non mentiva. Aveva convinto il bimbo a salire sul suo furgone per poi tentare di approfittarne. Il piccolo Maurizio si era ribellato ma mentre provava a dileguarsi, Campanella lo colpì con una spranga di ferro alla testa per poi strangolarlo con un filo di ferro. Le armi del delitto, ancora insanguinate, furono ritrovate accanto al cadavere.

Una perizia psichiatrica attestò che il ragazzo, ormai 18enne, fosse perfettamente in grado di intendere e volere. Pertanto fu condannato a 28 anni di reclusione. Campanella fu giudicato colpevole anche dell’aggressione sessuale al bimbo del Cep nel 1988 incassando, per il reato di violenza carnale, altri 10 anni di pena. Quanto alla vicenda di Santina Renda, invece, fu prosciolto.

Una segnalazione 32 anni dopo

A 32 anni dalla scomparsa, il caso di Santina Renda resta ancora un mistero. Lo scorso 18 ottobre, l’avvocato Luigi Ferrandino, legale della famiglia Celentano, ha rivelato ai microfoni di Mattino Cinque, il daytime condotto da Federica Panicucci su Canale 5, di aver comparato il Dna della famiglia Renda con quello di una ragazza che sostiene di essere stata rapita, quando era ancora una bambina, da due sconosciuti a bordo di un’auto “di grossa cilindrata”.

“La donna riferiva alcuni dettagli, precisi e circostanziati, del presunto rapimento - ha spiegato l’avvocato Ferrandino alla nostra redazione - Abbiamo pensato potesse trattarsi di Santina Renda ma il test genetico ha dato esito negativo. Purtroppo non è lei”.

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