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Se i radical chic scoprono oggi la cultura a destra

La cultura non è più cosa loro. Non lo è mai stata, anche se si comportavano come se ne fossero gli unici depositari, dispensando lasciapassare per i loro privé e imprimendo lettere scarlatte agli ospiti sgraditi.

Se i radical chic scoprono oggi la cultura a destra

La cultura non è più cosa loro. Non lo è mai stata, anche se si comportavano come se ne fossero gli unici depositari, dispensando lasciapassare per i loro privé e imprimendo lettere scarlatte agli ospiti sgraditi. Ma, ora che la sinistra è in crisi sia elettorale sia identitaria, è scattato il panico. Il terrore di perdere la propria ultima rendita di posizione. Se volessimo parafrasare Elly Schlein, ma anche Giorgia Meloni e pure Paola Belloni - che della segretaria del Pd è la compagna - a sinistra non si «sono accorti che stavano arrivando». E quelli che «stavano arrivando» sono gli intellettuali di destra con la loro cultura. Anche se in realtà sono sempre stati lì, ben presenti. Non li vedeva solo chi indossava gli occhiali di un progressismo così miope da fargli sfuggire giusto i giganti della filosofia e della letteratura del Novecento, molti dei quali - si tengano forte dalle parti del Nazareno - avevano a che fare con la galassia, sterminata e talvolta contraddittoria, del cosiddetto pensiero di destra.

Non è una novità, da queste pagine lo testimoniamo dalla nostra nascita, nel 1974, ma lo scrisse anche Giovanni Raboni nel 2002 sul Corriere della Sera, in un articolo che turbò e terremotò l'intellighentia rossa e che a distanza di vent'anni non è stato ancora metabolizzato. Lo dimostrano le reazioni - piccate e scomposte, spaventate ma sempre con una punta di snobismo - che intellò e stampa di sinistra hanno riservato a «Pensare l'immaginario italiano», la kermesse conservatrice organizzata a Roma da Francesco Giubilei. La sola notizia dell'iniziativa ha seminato il panico tra gli addetti ai lavori e, in questo caso più che mai, ai livori. Dopo aver dipinto per settimane l'evento come un'accolita di cavernicoli neo fascisti, si sono precipitati all'Hotel Quirinale nella speranza di poter trovare conferme ai propri pregiudizi. Invece niente. Di fronte al parterre sono rimasti inevitabilmente sconvolti e hanno tutta la nostra umana solidarietà: al posto dei barbari c'erano civilissimi scrittori, giornalisti, filosofi, docenti universitari, musicisti e persino direttori d'orchestra, attori e registi (pare che sapessero stare a tavola e utilizzare addirittura coltello e forchetta). Tutte categorie professionali e umane che l'egemonia culturale di sinistra pensava non potessero sopravvivere fuori dai loro salotti. Il terremoto ha scosso le casematte gauchiste e ha denudato, ancora una volta, quel complesso di superiorità che ha reso la cultura rossa o rosè sempre più elitaria e asfittica.

Perché i deliri sguaiati di Oliviero Toscani - per cui la destra è popolata solo da deficienti - sono il parossismo di un milieu intellettualoide che vuole il monopolio esclusivo del mondo culturale. Loro dentro e tutti gli altri fuori. Ecco, la cultura di destra, invece, deve aggiungere e non sottrarre o sostituire, aprire e non chiudere. Insomma, l'esatto opposto del monopolismo radical chic, della cancel culture e del politicamente corretto. Oltre queste colonne d'Ercole, fedelmente presidiate dal progressismo, c'è un mondo intero da scoprire.

Per tutti.

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