È tornato l'Occidente (grazie anche all'Italia)

Quello che è certo è che proprio gli eventi di queste ultime ore dimostrano come ogni speranza di pace sia tanto più realizzabile quanto più forte è l'unità e il protagonismo dell'Occidente

È tornato l'Occidente (grazie anche all'Italia)
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In uno scenario mondiale segnato da guerre con il carico di morti e distruzione che continuano in Ucraina, a Gaza e da ultimo in Kashmir con le tensioni tra India e Pakistan, prendono corpo timidi segnali che prefigurano possibili inversioni di tendenza e l'inizio di percorsi di pace.

È bene essere consapevoli che il tratto distintivo di questa fase, dal punto di vista geopolitico, è la grande imprevedibilità e, dunque, ogni auspicabile previsione può essere smentita da cambi repentini. Ma la sospensione delle ostilità indo-pakistane, i segnali di una possibile presa di distanza americana dalla strategia dell'attuale premier israeliano, il possibile incontro a Istanbul di domani e in ogni caso la comune richiesta americana ed europea di cessare il fuoco in Ucraina, sono tutti motivi di speranza.

In Ucraina, via via che si fa sempre più chiara la responsabilità di Putin nell'impedire la fine della guerra, anche Trump ha preso atto non solo che la pace rapida era impossibile proprio per l'atteggiamento russo, ma che il ricompattamento dell'Occidente è irrinunciabile precondizione per spingere la Russia a sospendere le ostilità e iniziare una trattativa. Ciò che oggi appare incoraggiante è proprio la ricomposizione unitaria dell'Occidente, in particolare dei rapporti tra Usa e Ue. Dopo l'elezione di Trump, le prime dichiarazioni sulla crisi ucraina, quelle sull'Europa e l'annuncio di dazi sui prodotti europei importati negli Usa suscitavano infatti giustificati motivi di preoccupazione sulla tenuta di unità dell'Occidente. Esponenti delle istituzioni europee dichiaravano addirittura che era ormai finito l'Occidente.

Per non parlare del riaffiorare di quei sentimenti anti-americani che, come un fiume carsico, scorrono in settori della politica e della cultura occidentale e trovavano nell'antitrumpismo un ottimo argomento per riprendere vigore. Oggi queste ombre appaiono meno cupe e con la dovuta cautela si fa più concreta la speranza che possano diradarsi. Quello che è certo è che proprio gli eventi di queste ultime ore dimostrano come ogni speranza di pace, non solo in Ucraina ma in qualche modo anche nello stesso Medio Oriente, sia tanto più realizzabile quanto più forte è l'unità e il protagonismo dell'Occidente. E questo appare evidente nel gioco di squadra che, almeno fino ad ora, si sta ricreando proprio a proposito della crisi ucraina con la richiesta di cessate il fuoco avanzata con forte e contestuale determinazione dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea. Richiesta resa possibile, oltre che dal cambio di linea americana, dal ruolo molto importante svolto dai principali Paesi europei, compreso il nostro. Insieme al Regno Unito è stata infatti proprio l'Italia che ha evitato di assecondare una drastica rottura con gli Usa, insistendo sulla necessità di considerare strategica e irrinunciabile l'unità dell'Occidente anche nei momenti in cui le dichiarazioni e alcune scelte dell'amministrazione americana fornivano argomenti per una simile rottura.

Viene allora da chiedersi su quali basi poggia la critica di chi considera marginale il ruolo fin qui svolto dal nostro Paese, argomento oggi molto presente nella polemica politica interna. Così come inutile e incomprensibile appare la polemica sull'assenza fisica della premier italiana all'evento svoltosi sabato scorso a Kiev. È noto peraltro che l'Italia con il suo Primo Ministro ha partecipato telefonicamente a quel vertice, così come del resto lo stesso Segretario Generale della Nato. Ma quel che più colpisce è che a sostenere queste critiche sia chi continua a contrastare in ogni modo il necessario supporto anche militare all'Ucraina. È ormai chiaro che la condizione essenziale per costringere l'aggressore russo a cessare il fuoco e a trattare è quella di coniugare l'iniziativa diplomatica ad un forte sostegno militare alla resistenza ucraina. Del resto i rappresentanti dei Paesi cosiddetti volenterosi recatisi a Kiev sono quelli che con l'Italia hanno fornito e continuano a fornire grande supporto all'Ucraina e hanno già dato piena disponibilità ad assumersi la responsabilità di una presenza militare su suolo ucraino, pur se nelle retrovie e non al fronte, per favorire e garantire il rispetto di accordi di pace. Eventualità questa che al momento è stata esclusa dal nostro Governo, ma che le opposizioni hanno ritenuto inaccettabile con perentorietà. Se una critica si può fare al Governo è, semmai, che ha troppo frettolosamente escluso la disponibilità ad un impegno diretto anche di militari italiani in Ucraina, qualora richiesto, una volta raggiunti concreti accordi di pace per garantirne il rispetto.

Insomma, sostenere le critiche a un presunto ruolo marginale dell'Italia da parte di chi non vuole più mandare armi e, né oggi né mai, militari a sostegno dell'Ucraina è chiaramente strumentale e mostra una buona dose di ipocrisia.

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