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Csm contro Berlusconi: "I pm non sono eversivi" Consulta: noi imparziali

Vietti replica al premier: "La magistratura non è eversiva, ha pagato col sangue negli anni del terrorismo". E la Consulta: "Offensivo sostenere che si giudica sulla base di appartenenze politiche"

Csm contro Berlusconi: 
"I pm non sono eversivi" 
Consulta: noi imparziali

Roma - Csm e Consulta fanno quadrato. Vietato contestare la magistratura. "Mi vedo costretto ancora una volta a ribadire che la magistratura non coltiva 'finalità eversive' ma svolge una funzione silenziosa di applicazione delle regole - replica il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, alle parole di ieri di Berlusconi - le vere finalità eversive erano quelle del terrorismo, per opporsi alle quali la magistratura ha pagato un alto tributo di sangue". Anche il presidente della Consulta, Ugo De Siervo, difende la casta: "E' denigratorio per la Corte continuare a sostenere che i magistrati giudicano sulla base di appartenenze politiche".

Vietti replica alle accuse del Cav "Mi vedo costretto ancora una volta a ribadire che la magistratura non coltiva 'finalità eversive' ma svolge una funzione silenziosa di applicazione delle regole". Secondo Vietti, "le vere finalità eversive erano quelle del terrorismo degli anni Settanta e Ottanta, per opporsi alle quali la magistratura ha pagato un alto tributo di sangue". Il presidente del Csm ricorda come "quella di oggi è certo una tensione incruenta, ma non meno insidiosa". Anche oggi, continua Vietti, "sebbene in un contesto evidentemente diverso, la magistratura è al centro dell’attenzione ed è pervasa da un profondo malessere, oggetto com’è di quotidiani attacchi anche da parte di chi, per ruolo istituzionale, dovrebbe preoccuparsi di evitare la reciproca delegittimazione". Vietti, quindi, ricorda un passo del discorso fatto da Bachelet il giorno del suo insediamento come vicepresidente del Csm. Allora parlò di "malessere e disfunzioni della giustizia" dovuti sia a "carenze di strutture giudiziarie che anche più generali". Vietti sottolinea come "siano passati quasi 35 anni da quel giorno, ma credo che i problemi del mondo della giustizia siano rimasti sostanzialmente immutati". "La giustizia è amministrata dai giudici e ad essi e alla loro funzione si deve rispetto, un rispetto talora troppo trascurato in ossequio ad un malinteso senso di libertà dai ruoli e dalle regole", ha aggiunto Vietti. "Non si tratta certo di un rispetto acritico, ma non va dimenticato che è il processo, il suo esito, il momento nel quale la legge diventa regola del caso concreto: non è circostanza priva di significato". "Difendere la funzione giurisdizionale e il ruolo della magistratura è essenziale, le polemiche non devono mai farlo dimenticare, anche se le polemiche non devono diventare alibi per giustificare inadeguatezze e cadute, quando ci siano".

La difesa della magistratura De Siervo ricorda "ancora una volta" che i "giudici costituzionali sono appositamente scelti da organi diversi, fra i più rappresentativi delle nostre istituzioni, ed entro categorie professionali particolarmente qualificate, in modo da garantire la loro più larga indipendenza di giudizio". Inoltre, aggiunge il presidente della Corte, i giudici "entrano in carica dopo aver giurato di osservare la Costituzione e le leggi". Gli "ampi poteri" della Consulta sono in linea con la realtà del resto d’Europa: "Dovrebbe essere ormai ben noto - fa notare De Siervo - che nelle Costituzioni democratiche contemporanee viene pressochè costantemente previsto un organo del genere, al fine di tutelare il primato effettivo della Costituzione, attraverso quanto meno la possibilità di giudicare sulla conformità delle leggi al contenuto delle Costituzioni e sul rispetto da parte degli organi di vertice degli Stati delle norme costituzionali che ne delimitano le rispettive attribuzioni". "Solo in Europa - aggiunge - vi sono ormai circa quaranta paesi dotati di Corti costituzionali, con le quali abbiamo proficui scambi informativi, cercando anche di svolgere qualche attività formativa in comune". La "solida base di legittimazione" della Consulta sta "nelle disposizioni della Costituzione repubblicana, in una serie di apposite leggi costituzionali nelle nostre stesse normative integrative e nelle molteplici attività svolte in quasi cinquantacinque anni, in intensa e fruttuosa collaborazione con gli altri organi costituzionali della nostra democrazia".

Norme parziali e provvisorie Secondo il presidente della Consulta, c’è una "notevole diffusione di interventi legislativi parziali, se non provvisori". De Siervo punta infatti il dito contro la "accentuata difficoltà che si verifica ormai da molti anni nel sistema di produzione delle fonti normative". De Siervo fa infatti notare che "si sono verificate moltissime trasformazioni in via di prassi dei classici sistemi di produzione normativa, in assenza di adeguati processi di riforma e razionalizzazione a livello costituzionale o almeno dei regolamenti parlamentari; al tempo stesso si è radicalmente spostato l’asse della produzione legislativa dal Parlamento al Governo". A tale proposito rileva che "nel 2010 sono stati più i decreti legislativi che le leggi e che più di due terzi delle leggi approvate sono leggi di conversione dei decreti legge o di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali". Dopo aver invitato a riflettere "su ciò che producono i numerosi decreti legislativi di tipo correttivo", il presidente della Consulta sottolinea che "tutto cì evidentemente pesa non poco su chi deve giudicare della legittimità costituzionale delle leggi". E infatti, "se negli anni trascorsi sono state adottate sentenze importanti sui decreti legge, nel 2010 non poche sentenze della Corte si sono dovute riferire all’ applicazione più o meno corretta dell’articolo 76 della Costituzione, che disciplina appunto la delega legislativa" oppure "hanno dovuto faticosamente ricostruire determinate situazioni normative in quasi continua trasformazione nel tempo".

Il dialogo sulle riforme Anche Vietti affronta il dibattito sulle riforme: "E' innanzitutto inevitabile constatare che non si coglie ancora (nè sembra prossimo) il clima politico per riflessioni serene ed equilibrate su snodi istituzionali di tale delicatezza e centralità dell’attuale impianto costituzionale". Vietti sottolinea come "la cronaca di questi giorni purtroppo testimonia che siamo ben lungi da questo obiettivo". Alla presenza del Guardasigilli, Angelino Alfano, e di personalità come il presidente della Corte costituzionale, Ernesto Lupo, Vietti dice di riferirsi "in particolare alle inafferrabili proposte di riforme costituzionali su alcune delle problematiche di politica giudiziaria più delicate e controverse, fra le quali spiccano i temi della cosiddetta separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri e della creazione di due distinti Csm".

Il valore della Costituzione La nostra Costituzione, continua Vietti, "è stata frutto di un progetto largamente meditato e condiviso". "Ovviamente ogni soluzione può essere posta in discussione e modificata - spiega il numero due del Csm - ed è proprio della politica questo compito, ma per sostituire un progetto meditato e condiviso occorre un altro progetto non meno meditato e condiviso". Nessun sistema "è privo di limiti", precisa Vietti, "e neppure il nostro fa eccezione.

Non intendo nascondere che in punto di tenuta del rispetto delle garanzie e della cultura della giurisdizione da parte del pm, non sono mancati in passato cedimenti, sui quali la magistratura per prima deve riflettere e intervenire per evitare che intervenga la politica con soluzioni penalizzanti".

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