Tiporto, al ristorante come all’asta

Una delle caratteristiche di questo locale di Monza, sempre aperto anche in questi giorni, è la vendita flash di alcuni piatti in offerta per ridurre gli sprechi. Una delle tante trovate che fanno di questo colorato ristorante un posto che mette al centro il divertimento del cliente. Ci sono fritti al metro, primi in padelloni e secondi smisurati. Ideale per compagnie numerose

Tiporto, al ristorante come all’asta
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C’è voglia di spassarsela un po’ nel mondo della ristorazione milanese (e non solo). Una tendenza che emerge chiaramente nelle tante aperture dell’ultima stagione e che è confermata anche da Tiporto, un nuovo indirizzo a Monza (viale Elvezia, 52). Un luogo vivo e chiassoso che ribalta e si fa gioco degli stereotipi del ristorante di pesce vecchio stile, tutto tovaglie bianche e prezzi alti.

Tiporto è la creatura di Danilo Giaffreda, Pabel Ruggiero, Stefano Mandaradoni e Filippo Lo Forte, gli imprenditori che hanno già un buon successo a Milano con l’hamburgeria Pane e Trita, un peculiare tipo di format nato in provincia e sbarcato poi a Milano (di solito accade il contrario). Tiporto non è in centro, anche perché per come è concepito necessita di spazi ampi e ha anche un bel dehors. Il locale è molto colorato, ricorda l’atmosfera di un porto come lo dipingerebbe Andy Warhol, pieno di colori, ci sono grandi insegne gialle che orientano i clienti, un bel po’ di ironia che alle volte sfiora il politicamente corretto (i bagni delle signore e dei signori sono indicati dalle scritte: passera di mare e pesce siluro, per dire). E poi c’è l’idea dell’asta flash del pesce. A un certo punto risuonano dei campanacci e un tabellone tipo aeroporto avverte gli avventori che verrà messo in vendita un piatto a un prezzo basso. Nessun rilancio, ma chi alza la paletta per primo se lo aggiudica. Io ho assistito allo smercio di un po’ di piattini di ostriche a 3 euro, tempo pochi minuti ed erano stati tutti venduto. La gente ride, consuma di più senza appesantire troppo il conto, la cambusa scongiura sprechi. Una bella idea con qualche traccia di sostenibilità.

Non si pensi, però, che da Tiporto si giochi tutto sullo spettacolo e sulle trovate sceniche. La materia prima mi è apparsa di buona qualità e contrariamente a molti ristoranti di pesce non si rischia certo di uscire affamati. Il menu è di sostanza. Una parte è dedicata ai crudi: il Gran plateau del capitano (ostriche, gamberi, scampi, tartare in grande copia) è fatto per la condivisione come molte cose qui: costa 59 euro ma ci si mangia in due e contiene molte cose. Chi vuole può comporre il proprio piatto, poi c’è l’Ostricata (dieci pezzi di Fine de Claire, 39 euro), delle buone tartare. Ci sono poi dei gran piatti di cozze (ho provato quelle all’arrabbiata, buone ma un po’ asciutte) e alcuni antipasti crudi e cotti, come i Nachos del mar, le Tapas di calamari e le Capesante allo Yuzu.

Un capitolo a parte merita il fritto «al metro», con anelli e ciuffi di calamari, code di mazzancolla, latterini, alici, verdure e chips di patate: è servito in un tagliere bello pieno lungo mezzo metro (30 euro), un metro (58) o un metro e mezzo (85). Roba da stomaci forti, o da compagnie numerose (l’una cosa non esclude l’altra). Per chi non è un pasto se non c’è pasta, ecco i primi abbondanti in padelloni (Spaghettoni vongo-lime, Scialatelli alla siciliana): anche qui la misura fa il prezzo: per uno, per due, per quattro, con il prezzo che scende in proporzione secondo i principi dell’economia di scala. Monumentali anche i secondi: notevole il Churrasco di certi gamberoni enormi e carnosi, poi il Tutto tonno tutto fumo e il Mr Branzinetto. Ci sono anche delle pizze di mare che però non ho testato: dal menu cito Mar-Gherita, Polpo e burrata, Cremosa in rosa.

Al dolce un Tiramisù nella moka e del buon gelato (i titolari possiedono anche una gelateria). Carta dei vini adeguata e con ricarichi onesti. A pranzo piatti unici, sandwich, insalatone e fish&chips. Servizio svelto. Divertimento assicurato.

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