Fu-go, i "palloni bomba" giapponesi che terrorizzavano l'America

Durante la seconda guerra mondiale il Giappone usò dei palloni bomba nel tentativo di colpire gli Stati Uniti. Ne furono lanciati migliaia

Fu-go, i "palloni bomba" giapponesi che terrorizzavano l'America

A novembre del 1944 la Seconda Guerra Mondiale era alle sue battute finali: in Europa la Germania veniva stretta in una morsa dagli Alleati a occidente e dall'Armata Rossa a oriente, mentre a sud l'Italia era spaccata in due con il nord, dove era sorta la Repubblica Sociale Italiana, che cercava di resistere all'avanzata degli angloamericani anche grazie all'aiuto delle truppe tedesche. Nel Pacifico l'avanza americana continuava costante conquistando le isole Marianne, usate come trampolino di lancio per arrivare al Giappone, e sbarcando nelle Filippine. Il Sol Levante, però, era tutt'altro che pronto a capitolare. Anzi. Il Giappone, indomito, aveva in serbo ancora le sue ultime carte da giocare, dettate forse più dalla disperazione nel tentativo di arrecare il massimo danno possibile ad un nemico troppo forte, che dalla reale convinzione di ribaltare le sorti del conflitto, ormai segnato.

Una di queste, oltre all'utilizzo dei velivoli kamikaze e dei siluri umani (i kaiten), è rappresentata da quella che forse si può considerare la prima arma strategica intercontinentale della storia: i Fu-go, o Fusen-Bakudan, ovvero dei palloni aerostatici “automatici” incendiari.

I primi studi nipponici per un utilizzo militare degli aerostati risale all'inizio del secolo scorso, ma fu successivamente accantonato. Nemmeno lo scoppio delle ostilità con gli Stati Uniti servì a recuperarlo, ma un evento straordinario per la portata propagandistica che ebbe rilanciò il programma.

Ad aprile del 1942, per la precisione il 18, sedici bombardieri medi tipo B-25 Mitchell decollati dal ponte di volo della portaerei Hornet bombardarono il territorio metropolitano giapponese. L'azione fu pressoché dimostrativa, in quanto i danni furono lievi se non irrilevanti, ma il clamore mediatico, da entrambe le parti, fu enorme: negli Stati Uniti fu la prima vera azione offensiva dopo Pearl Harbor che risollevò il morale della popolazione e delle truppe, in Giappone l'azione fu un vero e proprio shock per lo Stato Maggiore che si rese conto (a torto per quei tempi) che la Patria non era inviolabile (si riteneva che il perimetro difensivo, dato dalle conquiste fulminee e dalle distanze, fosse sufficiente a metterla al sicuro da attacchi).

L'azione, ideata e comandata dal tenente colonnello Jimmy Doolittle, ebbe come effetto più eclatante convincere gli Stati Maggiori nipponici a dare il via all'operazione Mi, ovvero lo sbarco, quasi simultaneo, nelle Aleutine e a Midway, per minacciare direttamente le Hawaii e la costa occidentale statunitense costringendo quindi Washington, nei piani del suo ideatore, l'ammiraglio Isoroku Yamamoto, a chiedere pace nel timore di un'invasione.

Il raid di Doolittle, oltre a dare il via a una delle più imponenti azioni aeronavali a grande raggio della storia, spinse Tokyo a riconsiderare l'idea di utilizzare i palloni aerostatici come arma per colpire direttamente gli Usa, un'idea che ha un padre: il generale Sueyoshi Kusaba. L'idea, nella sua semplicità, era geniale: usare dei palloni armati di bombe che avrebbero sfruttato il jet stream, la corrente a getto stratosferica che corre a una velocità compresa tra i 160 e i 320 km/h da ovest a est sul Pacifico, per colpire gli Stati Uniti continentali seminando morte e distruzione.

La messa a punto, però, fu lenta e laboriosa: solo dopo l'estate del 1944 i primi esemplari di questi palloni bomba presero il volo, in particolare il primo novembre di quell'anno ci fu il primo massiccio lancio di queste nuove armi.

Il principio di funzionamento era estremamente semplice, sebbene richiedesse una tecnologia abbastanza “precisa” per l'epoca: i palloni avrebbero viaggiato a una quota compresa tra i 9mila e i 10mila metri; quota che sarebbe stata mantenuta da un sistema automatico di controllo utilizzante un barometro. Se la quota diminuiva, un meccanismo di sgancio avrebbe liberato la zavorra, costituita da 30 di sacchetti di sabbia del peso di 2,8 chilogrammi ciascuno, se la quota aumentava, un altro avrebbe aperto la valvola di sfogo per l'idrogeno.

Anche la costruzione era semplice e dettata dalle limitazioni di guerra: il Giappone aveva estrema difficoltà, a quel tempo, a procurarsi la gomma per i palloni, così il genio nipponico, forte della sua tradizione, costruì i palloni in pergamena pressata e incollata con collanti vegetali ottenendo una sfera di circa 10 metri di diametro. Un sistema che si rivelò molto più efficiente per trattenere l'idrogeno rispetto alla seta gommata, che venne utilizzata per altri palloni disarmati, ma dotati di trasmittente radio per monitorare la rotta del nugolo di aerostati lanciati verso gli Stati Uniti. Quella scelta, come accennato, si rivelò infausta: solo un pallone radio su 10 raggiunse la sua destinazione.

I palloni erano armati con tre o quattro bombe da 15 chilogrammi, alcune a frammentazione altre incendiarie, ed è proprio quest'ultima tipologia di armamento che causò non pochi timori negli Stati Uniti e generò una delle più grandi e meglio riuscite operazioni di constrospionaggio della storia, come vedremo a breve.

Il primo novembre, come detto, cominciò il lancio in massa degli aerostati bomba, e si calcola che nei sei mesi successivi, sino ad aprile del 1945, ne furono lanciati 9mila. Molti andarono persi durante il loro viaggio, altri invece (circa 200) vennero ritrovati intatti e “inesplosi” (il pallone aveva un sistema di autodistruzione che si innescava una volta sganciati tutti i sacchetti), e circa 75 altri furono ritrovati a pezzi in un'area che va dal Canada al Messico passando per l'Alaska.

Ad aprile, come detto, i palloni – che vennero trovati da personale civile e militare – cessarono improvvisamente di arrivare. Il capo del meccanismo difensivo creato ad hoc da Washington, il generale del U.S. Army W.H. Wilbur temette che fosse solo una pausa in vista di una più massiccia offensiva in concomitanza dell'arrivo dell'estate. Se infatti, i palloni fossero stati usati massicciamente durante la stagione estiva, invece di quella invernale, l'effetto delle bombe incendiarie sarebbe stato devastante per le foreste del Nord America, che fornivano prezioso legname per lo sforzo bellico.

Cos'era successo realmente? Dopo il primo racconto dell'arrivo di misteriosi palloni apparso sui media americani, il 4 novembre 1944, nessuna notizia venne più divulgata dalla stampa. Il silenzio fu totale dopo che venne imposta, dagli organismi militari, una più assoluta censura che coinvolgeva anche il Canada. Una censura che toccava radio, stampa e autorità locali di tutta la costa occidentale del continente americano. Un'operazione di controspionaggio gigantesca.

Una censura che, però, portava con sé un altro e pericoloso lato della medaglia: come mettere in guardia la popolazione? A seguito di un unico e solo incidente mortale, avvenuto in Oregon, in cui perirono quattro ragazzi e una donna che ritrovarono un pallone in un bosco e, spostandolo, fecero esplodere le bombe a frammentazione, venne messo in piedi un sistema di informazione enorme che coinvolgeva le autorità scolastiche, i guardaboschi e altri rappresentati delle comunità locali per mettere al corrente la popolazione dei comportamenti da tenere in caso di ritrovamento degli ordigni giapponesi.

Ordigni che furono ritrovati e studiati con attenzione dalle autorità militari: i primi frammenti, insieme ai sacchi di sabbia, vennero inviati ai laboratori di ricerca della U.S Navy e al Caltech, l'università della California. Gli esperti riuscirono a ricostruire con precisione l'aspetto e i principi di funzionamento degli aerostati e inoltre, grazie a uno studio condotto anni prima dall'Usgs, il servizio geologico nazionale statunitense, sulle sabbie del Giappone, riuscirono a capire da quali località della costa nipponica venivano effettuati i lanci, permettendo così all'aviazione di effettuare voli di ricognizione e bombardamenti mirati, che nel quadro della campagna aerea di quei mesi, non destò particolari sospetti nel comando giapponese.

Si calcola che dei 9mila palloni lanciati, ne arrivarono sul suolo americano circa mille, ma sarebbero stati molti di più e con conseguenze devastanti – anche qualora, come si temeva, avessero trasportato agenti biologici per colpire piante e animai – se non ci fosse stata la più grande operazione di censura della storia: sappiamo infatti, a guerra finita, che lo Stato Maggiore giapponese terminò il programma facendo sapere al generale Kusaba che “i

vostri palloni non raggiungono l'America. Se vi arrivassero se ne avrebbe notizia sui giornali. Non è possibile che gli americani riescano a tenere la bocca chiusa per così tanto tempo”. Operazione perfettamente riuscita.

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