Cultura e Spettacoli

Gualazzini e "Gli Occhi della Guerra" finalisti al World Press Photo

Il nostro fotografo è finalista al più prestigioso premio fotografico con il reportage realizzato in Ciad grazie ai lettori de ilGiornale.it

Foto di Marco Gualazzini
Foto di Marco Gualazzini

Si scrive World Press Photo e subito si pensa all'empireo della fotografia. Il premio, lanciato nel 1955 dall'omonima fondazione olandese, ogni anno premia il meglio della fotografia a livello mondiale. Candidature provenienti da tutto il mondo, fotoreporter di ogni continente in gara e quasi 80mila scatti inviati alla giuria. Poi il fatidico giorno della nomina dei vincitori.

Poche ore fa sono stati resi noti i nomi dei migliori fotografi a livello globale che con i loro scatti sono riusciti a descrivere gli avvenimenti più importanti, le storie più incredibili, le tragedie più drammatiche dell'anno appena concluso. La giuria del World Press Photo ha reso noti i nomi dei 43 vincitori e tra questi c'è quello dell'italiano Marco Gualazzini.

Il fotogiornalista nato a Parma nel 1976 ha vinto nella categoria enviroment con il fotoreportage realizzato in Ciad grazie anche al sostegno dei lettori del Giornale.it e Gli Occhi della Guerra. L'11 aprile, giorno della premiazione del World Press Photo, il reportage verrà pubblicato su Gli Occhi della Guerra e, in seguito, su InsideOver.com, la nuova versione in inglese del progetto di reportage de ilGiornale.it.

Inoltre, un suo scatto è stato nominato tra le sei fotografie dell'anno e la storia raccontata è stata nominata tra le tre storie dell'anno.

Gualazzini da anni segue in modo costante e continuo i principali avvenimenti che interessano il continente africano, in particolar modo le crisi umanitarie. I suoi reportage (GUARDA), molti dei quali realizzati grazie al sostegno dei nostri lettori, sono stati scattati in moltissimi Paesi subsahariani tra i quali Somalia, Nigeria, Sudan, Congo, Ciad e sono stati pubblicati dalle principali testate nazionali e internazionali e all'attivo ha anche il libro fotografico Resilient, edito da Contrasto, che raccoglie gli scatti realizzati in dieci anni di reportage in Africa.

Dopo aver appreso la notizia di essere tra i vincitori del più prestigioso premio di fotogiornalismo Gualazzini si è così espresso: ''Il World Press Photo per un fotografo rappresenta sia un traguardo ma anche un nuovo punto di partenza. È un'esperienza importante, moderna e ha due risvolti. Da un lato c'è entusiasmo personale, e sono orgoglioso e lusingato di questo riconoscimento, ma allo stesso tempo sono anche un po' spaventato. Nel fotogiornalismo l'autorialità del fotografo dovrebbe quasi scomparire, invece celebrando i fotografi temo che l'attenzione si sposti dai soggetti delle foto agli autori delle stesse. I protagonisti dovrebbero essere sempre le storie e le persone immortalate''.

Proseguendo poi a parlare della fotografia nominata tra le migliori sei foto dell'anno che ritrae un almajiri, un orfano che cammina davanti a un muro su cui dei bambini hanno dipinto con dei carboncini dei lanciarazzi Rpg, Gualazzini ha spiegato: ''Gli almajiri sono dei bambini orfani, prevalentemente rifugiati nigeriani, che vivono in gruppo nelle città del Sahel e durante il giorno mendicano per le strade, si spostano tutti insieme avvolti in jalabie logore e stringendo l'unica cosa che hanno: delle ciotole con le quali questuano un tozzo di pane o qualche moneta. Ho incontrato gli Almajiri in Nigeria e soprattutto in Ciad e mi ha colpito molto vedere questi bambini abbandonati a sé stessi che per farsi forza vivono in gruppo. Osservarli mentre camminavano davanti a quel muro dove avevano disegnato dei lanciarazzi è stato impattante. Loro disegnano delle armi perchè quella è la sola realtà a cui sono abituati, è drammatico che per dei bambini in Ciad la quotidianità sia rappresentata solo dalla guerra. La foto selezionata racconta tutto questo''.

Poi il fotogiornalista di Parma ha parlato anche della storia che ha raccontato con il suo servizio e della nomina di questa tra le tre migliori storie dell'anno. ''Il racconto della crisi in Ciad fa parte del percorso giornalistico che sto svolgendo. Da diversi anni lavoro con il giornalista Daniele Bellocchio e stiamo seguendo le crisi in Africa sub-sahariana. Il nostro lavoro è fatto da un confronto continuo e uno scambio di idee e opinioni reciproco. È stato lui a propormi l'idea di fare un servizio sulla crisi del Lago Ciad. Daniele ha trovato la storia, me l'ha proposta, mi ha convinto, l'abbiamo ritenuta importante e siamo partiti. Il Ciad è un Paese totalitario dove si coniugano in una maniera concentrica i principali drammi del nostro presente: il cambiamento climatico che alimenta il terrorismo jihadista e questi fattori a loro volta generano profughi e drammi umanitari. Una matriosca di tragedie che assolutamente deve essere denunciata''.

Alle parole del fotografo hanno fatto seguito quelle del collega giornalista Daniele Bellocchio: ''Da diversi anni lavoro con Gualazzini e non posso che essere estremamente felice per questo premio. È il giusto riconoscimento alla dedizione, all'impegno, alla costanza e alla bravura di Marco. Sono anche felice che ad essere premiato sia un lavoro al quale ci siamo dedicati a lungo. Subito abbiamo pensato che occorresse approfondire e raccontare quanto sta avvenendo nel bacino del Lago Ciad e molto importante, da un punto di vista giornalistico, è il fatto che le foto di Gualazzini e la vittoria di questo premio portino l'attenzione mondiale sulla tragedia in corso nel cuore del Sahel che per troppo tempo è stata dimenticata dai media internazionali''.

Parole di encomio e incredibile soddisfazione anche da parte di Andrea Pontini, amministratore delegato de ilGiornale.it e cofondatore de Gli Occhi della Guerra: ''Io, da sempre, e tutti coloro che lavorano con me lo sanno, ho un sogno: che uno dei fotografi de Gli Occhi della Guerra vinca il World Press Photo. Il sogno si è avverato. Sono felicissimo e mi complimento con Marco Gualazzini e Daniele Bellocchio perché questo lavoro è il giusto riconoscimento per delle foto straordinarie e per il lavoro di squadra che Marco e Daniele svolgono da anni in modo estremamente professionale.

Sono inoltre contento per tutto il team de Gli Occhi della Guerra: questo World Press marca la passione e l'entusiasmo di tutto il gruppo''.

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