Cultura e Spettacoli

Cosa minaccia la nostra civiltà

"La crisi della civiltà" di Johan Huizinga segnala quali fossero le minacce alla civiltà europea nell'era dei totalitarismi secondo gli occhi del filosofo

Huizinga e la denuncia della crisi della civiltà

"Noi viviamo in un mondo ossessionato. E lo sappiamo": si apre così il saggio "La crisi della civiltà" di Johan Huizinga, il grande filosofo e pensatore olandese che diede alle stampe per la prima volta il libro nel 1935, nel pieno del decennio che avrebbe condotto l'Europa a completare il suo "suicidio" iniziato nel 1914 con lo scoppio della seconda guerra mondiale.

"La crisi della civiltà" ha nell'originale olandese (In de schaduwen van morgen) e nel suo corrispettivo inglese (In the Shadows of Tomorrow) un titolo forse ancora più evocativo, letteralmente "Nelle ombre del domani". Huizinga, teorico profondo del pensiero libero, avversario di ogni dittatura e critico dell'ideologia dell'uomo-massa che già altri autori, come José Ortega y Gasset, avevano aspramente contestato presagiva che l'Europa si stesse avviando a lunghi passi verso l'abisso. Come Ortega y Gasset e come Oswald Spengler, Huizinga si concentra sulla nascita dei totalitarismi e sull'oggettivizzazione dell'uomo di fronte alla tecnica, alle ideologie massificatrici, all'appiattimento del libero pensiero per teorizzare una forma di resistenza che, al contrario dei suoi coevi, percepisce però innanzitutto come personale ed individuale.

Huizinga non può fare a meno di confrontare la crisi presente con quelle dei secoli passati e sottolineare come a venire meno, a suo avviso, sia stato l'estro creativo e culturale degli europei che ha funto da antidoto, a lungo, contro ogni vocazione autoritaria e ogni massificazione. La sua è una figura di intellettuale impegnato che è nel mondo, ma non del mondo, impastata di concretezza e realismo pur nella consapevolezza critica della deriva dell'epoca a lui contemporanea.

Più di Ortega y Gasset, Huizinga vede possibilità di ripresa da uno scenario sfavorevole fonte di proliferazioni sistemiche per ideologie totalitarie e antiumane. Ne "La crisi della civiltà" l'autore parla di una "purificazione" degli spiriti da realizzarsi però lungo una linea di riproposizione del liberalismo così come si era affermato nell'Ottocento, diradando le ombre che a suo avviso impedivano al sole della civiltà di risplendere ancora sul Vecchio Continente. La percepita fragilità delle democrazie, i tradimenti del modello economico iper-capitalista franato durante la Grande Depressione, l'ascesa dei populismi autoritari, la svalutazione della critica culturale, lo svuotamento dell’idea di progresso di fronte all'utilizzo dei ritrovati della tecnica per strumentalizzare le masse erano tutte, a suo avviso, sintomatologie di un declino che solo prendendo consapevolezza della necessità di un ritorno degli individui all'etica e a un atteggiamento responsabile verso la società e i propri simili.

"La crisi della civiltà" ha rappresentato all'epoca della sua uscita un grido d'allarme lanciato da uno studioso di fama internazionale per ricordare il valore irrinunciabile della libertà e della dignità umane, minacciate mano a mano che nella culla della civiltà venivano meno i suoi capisaldi: "verità e umanità, ragione e diritto". A suo modo, però, è un manifesto ottimista nel quadro della letteratura dell'età coeva all'opera, spesso intrisa di pessimistiche riflessioni sul decadimento della cultura e della civiltà occidentali.

Huizinga ha fiducia nella capacità dell'uomo di equilibrare pensiero e azione in maniera armonica, scommette sulla crisi di rigetto dell'irreggimentamento delle società a lui coeve, presuppone la coscienza critica come fattore di equilibrio sociale. In quest'ottica, da preoccupato umanista che segnala fenomeni sociali e culturali che erano sotto gli occhi di tutti e senza i quali non si sarebbe spiegato il totalitarismo politico, Huizinga compie un'operazione paragonabile a quella compiuta spiegando ne L'Autunno del Medioevo la nascita della modernità: analizzare una civiltà come corpo organico e sistema, cogliendone i fattori di crisi e di rottura ma anche i semi di progresso che da essi possono nascere. E il messaggio è chiaro: per Huizinga le società progrediscono laddove si ha rispetto per la dignità irripetibile di ogni essere umano e fiducia nella capacità culturale e valoriale di ciascun individuo. Mentre è proprio la negazione di questi presupposti a generare le ombre che schiacciano il loro presente e ne pregiudicano il futuro.

Una lezione tanto chiara quanto profonda che vale per qualsiasi epoca della storia umana e parla, in particolare, al nostro presente.

La crisi delle civiltà di Johan Huizinga

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