
Al Salone aeronautico di Parigi, tenutosi tra il 16 e il 22 giugno presso l'aeroporto di Le Bourget, si è aperta una frattura tra Francia e Germania per lo SCAF (Système de Combat Aérien du Futur) che appare ormai insanabile.
Per essere più precisi, dovremmo dire che la frattura tra i due Paesi, ovvero tra Dassault e Airbus, si è ulteriormente allargata al punto da determinare una vera e propria crisi nei rapporti tra le due industrie aeronautiche.
Lo SCAF è il progetto franco-tedesco-spagnolo per un cacciabombardiere di sesta generazione concorrente di un altro progetto europeo, il GCAP (Global Combat Air Programme), a cui partecipano Italia, Regno Unito e Giappone, ma che gode, al contrario, di ottima salute. SCAF e GCAP sono progetti per un velivolo che avrà un'architettura “sistema di sistemi”, ovvero dotato di un software in grado di connettersi, scambiare dati e anche comandare, altri assetti presenti sul campo di battaglia. Nella fattispecie, il velivolo di sesta generazione avrà la capacità di operare un drone da attacco che volerà insieme al caccia per effettuare varie tipologie di missione tra cui anche il combattimento aereo.
Il programma SCAF, a differenza del GCAP, sta subendo ritardi importanti per via delle difficoltà di accordo tra Airbus e Dassault, con quest'ultima che richiede una ripartizione del lavoro (e dei brevetti) sbilanciata a suo favore. Sebbene tra il 2022 e il 2024 sembrava che i dissidi si fossero risolti, ad aprile di quest'anno l'amministratore delegato di Dassault, Eric Trappier, durante un'audizione al parlamento francese aveva criticato l'assetto attuale della collaborazione franco-tedesco-spagnola, lasciando intendere sibillinamente che l'azienda avrebbe potuto procedere da sola nella costruzione del nuovo caccia. Secondo Trappier, infatti, il modello di cooperazione messo in atto per lo SCAF e più specificamente per l'NGF (Next Generation Fighter) è tutto da rifare, al punto da affermare che, allo stato attuale, il progetto non andrà fino in fondo.
All'inizio del Salone dell'Aeronautica e dello Spazio di Parigi, Trappier ha chiesto una maggiore attenzione del programma SCAF al caccia e una maggiore partecipazione dell'industria francese al progetto, mettendo così in discussione gli accordi esistenti sulla divisione del lavoro. In alternativa, ha accennato al ritiro di Dassault dal programma.
La Francia, ancora una volta, dimostra di essere poco incline a voler cedere il primato della progettazione aeronautica a favore di una equa partecipazione delle industrie di altre nazioni: sostanzialmente, era successa la stessa cosa al tempo della nascita del programma che ha portato all'Eurofighter “Typhoon”, e Parigi, allora, aveva optato per la costruzione casalinga rappresentata dal “Rafale”.
Dal punto di vista francese, per quanto riguarda lo SCAF, Dassault effettivamente dovrebbe sottostare a regolamenti complessi e sfavorevoli che non le darebbero il primato su di una tecnologia ancora da sviluppare (quella di sesta generazione).
A Berlino però, sul lato Airbus, quest'atteggiamento francese non sta piacendo affatto, al punto che recentemente l'industria aeronautica ha stabilito di aumentare la produzione del “Typhoon” sia per venire incontro ai nuovi ordinativi, ma soprattutto perché vede con poca speranza il concretizzarsi del programma SCAF in tempi brevi, o per meglio dire secondo la tabella di marcia. Tabella di marcia che, lo ricordiamo, è già stata posticipata di 5 anni rispetto a quella originaria.
Le dichiarazioni di Trappier al Salone di Parigi dovrebbero essere intese chiaramente da parte di Airbus, e da parte di Berlino: Dassault vuole essere al comando del programma SCAF, altrimenti si ritirerà. Del resto l'azienda francese non ha mai nascosto di essere pessimista a riguardo, avendo puntato su un aggiornamento del “Rafale”, l'F5, che dovrà mantenere attiva la linea caccia dell'Armée de l'Air e de l'Espace per i prossimi decenni, ovvero dal 2030 in avanti.
Airbus accetterebbe di avere un ruolo secondario nella progettazione dello SCAF, perdendo così competenze tecniche, brevetti e posti di lavoro? Non crediamo che in Germania, in questo particolare momento storico, si scelga di abbandonare la posiibilità di avere un ruolo paritario. In ogni caso, la struttura industriale alla base dello SCAF è discutibile dal punto di vista normativo. Ad esempio, la tedesca SCAF-Prime Airbus Defence and Space (ADS) appartiene al gruppo Airbus, in cui i governi francese e tedesco detengono quote paritarie di poco meno dell'11% – la Spagna ne rappresenta circa il 4% – ma che ha sede a Tolosa ed è in definitiva dominata dai francesi. Ciò è dimostrato non da ultimo dalla recente decisa riduzione di posti di lavoro tedeschi nella divisione satellitare di ADS, in difficoltà.
Alcuni, in Germania, già consigliano di tirarsi fuori dal programma SCAF prima che sia troppo tardi, ovvero prima che si avvii la fase 2, e procedere autonomamente.
Ritengono che l'industria aeronautica tedesca, grazie ai maggiori fondi per la Difesa, possa riuscire a esprimere un proprio progetto, ma la realtà è che molto probabilmente Berlino sarà costretta a guardare altrove per avere un caccia di sesta generazione, e molto probabilmente guarderà verso il GCAP.