Affiancare le nuove mini portaerei per droni, economiche e flessibili, alle ben più costose tradizionali portaerei con jet e caccia. È questa la strategia che starebbe portando avanti la Cina nel tentativo di rafforzare il proprio apparato militare e di ottenere importanti vantaggi nella guerra navale. I riflettori di Pechino sarebbero infatti puntati sui velivoli senza pilota (UAV), considerati perfetti per poter essere utilizzati in massa, a limite anche a costo di sacrificarli, colpire gli avversari e al contempo limitare le spese del governo. Non è un caso che il Dragone abbia iniziato i test in mare del suo elicottero senza equipaggio AR-500CJ a bordo di una nave soprannominata da alcuni esperti mini porta droni, dimostrando la volontà di puntare fortemente su droni di vario tipo.
La Cina si affida ai droni
In cosa consiste, dunque, la strategia cinese? Il citato AR-500CJ si unisce a un nutrito ecosistema di droni navalizzati che comprende anche il veicolo aereo da combattimento senza pilota (UCAV) stealth GJ-11 e gli elicotteri basati sull'AR-2000 esposti nelle recenti parate militari. Questi sviluppi, ha spiegato il portale Asia Times, sottolineano i crescenti investimenti della Cina nell'aviazione marittima senza equipaggio, con piattaforme potenzialmente in grado di supportare la sorveglianza, la trasmissione dei segnali e l'abbinamento operativo con navi da guerra con equipaggio.
A differenza dei vettori di droni riconvertiti in Iran e Turchia, il progetto cinese è concepito appositamente per operazioni senza pilota, consentendo potenzialmente missioni di sorveglianza, ricognizione e attacco leggero a costi contenuti. La spinta della Cina verso le mini portaerei per droni riflette inoltre la preoccupazione per la crescente vulnerabilità delle portaerei tradizionali.
Il motivo è semplice: le portaerei sono vulnerabili ai missili ipersonici e ai velivoli senza pilota, mettendo a repentaglio questi asset sempre più costosi. Per quanto riguarda gli Uav, sono in grado di assalire le portaerei, costringendo i difensori a sprecare missili intercettori e munizioni, distruggendo al contempo punti precisi come radar, collegamenti di comunicazione e ponti di volo senza necessariamente affondare il bersaglio.
Verso una nuova strategia?
Considerati questi pericoli, c'è chi sostiene che la distribuzione di un'ala aerea sacrificabile su piattaforme incentrate sui droni - costruibili a un costo inferiore e tollerare l'attrito - potrebbe rappresentare il futuro della proiezione di potenza. In linea con ciò, l'attenzione della Cina sulle grandi portaerei potrebbe renderla vulnerabile. Queste portaerei potrebbero infatti non essere in grado di uscire dalla Prima Catena di Isole in caso di emergenza a Taiwan senza entrare nel raggio d'azione di missili e droni statunitensi e alleati dislocati in Giappone, Taiwan e Filippine.
Distribuire la potenza aerea navale su portaerei per droni più piccole e numerose potrebbe invece aiutare la Cina a compensare le dense difese missilistiche e aeree di Taiwan. Questo approccio è anche in linea con l'enorme forza di Pechino nella cantieristica navale e nella produzione di droni. Per illustrare questi punti di forza, l'Office of Naval Intelligence (ONI) degli Stati Uniti ha sottolineato nel luglio 2023 che la capacità di costruzione navale della Cina è oltre 232 volte superiore a quella degli Stati Uniti, e che il Dragone controlla il 90% del mercato dei droni commerciali, producendo la maggior parte dei componenti necessari per costruirli, come batterie, cellule, radio, telecamere e schermi.
Lo sviluppo di portaerei con droni da parte della Cina potrebbe anche suggerire l'introduzione di nuove tattiche navali, che enfatizzano la potenza offensiva e gli attacchi a distanza per raggiungere il "fatto compiuto" in uno scenario di guerra a Taiwan.
Queste nuove tattiche potrebbero prevedere sciami di droni lanciati da portaerei e attacchi missilistici da grandi navi da guerra come gli incrociatori Type 055 e i cacciatorpediniere Type 052D, con le tradizionali portaerei che forniscono difesa aerea alla flotta: una possibile inversione di ruoli almeno nelle fasi iniziali di un simile conflitto.