Nell'ultimo decennio la Cina ha compiuto un enorme salto di qualità nella costruzione di un'industria militare autonoma, riuscendo così, non solo di ridurre la dipendenza dall'estero, ma anche a competere direttamente con Stati Uniti, Russia ed Europa. Secondo un lungo approfondimento del Wall Street Journal, una svolta simbolica e strategica, nonché decisiva, sarebbe arrivata nel settore più difficile da padroneggiare: quello dei motori aeronautici, da sempre uno dei talloni d'Achille della difesa cinese. Nel 2016, Pechino ha creato Aero Engine Corp. of China (AECC), un conglomerato statale pensato per concentrare risorse, competenze scientifiche e capitali pubblici in un ambito in cui il Paese era rimasto per decenni indietro rispetto ai rivali occidentali. Meno di dieci anni dopo, i nuovi caccia stealth cinesi stanno entrando in servizio con motori progettati e costruiti interamente in patria segnando un passaggio chiave nel percorso di autosufficienza militare voluto da Xi Jinping.
L'exploit militare della Cina
Questo risultato non è affatto casuale, ma il frutto di una strategia di lungo periodo che ha combinato investimenti massicci in ricerca e sviluppo, una profonda ristrutturazione dell'industria della difesa e un approccio pragmatico all'acquisizione tecnologica. Per anni la Cina ha fatto largo uso di importazioni, soprattutto dalla Russia, arrivando anche a copiare e adattare piattaforme straniere, come nel caso dei caccia Sukhoi trasformati nei J-11.
Secondo analisti occidentali, Pechino ha inoltre colmato parte del divario ricorrendo a spionaggio industriale e cyberattacchi contro aziende della difesa straniere, in particolare nei settori aeronautico e navale. Oggi, però, il quadro è cambiato: la quota cinese delle importazioni globali di armi è drasticamente diminuita e il Paese asiatico è uscito dalla top ten dei maggiori acquirenti mondiali. Di pari passo, la Cina è diventata il quarto esportatore globale di armamenti, offrendo a molti Paesi soluzioni più economiche rispetto a quelle occidentali. In alcuni segmenti, come i missili ipersonici, i droni armati e i sistemi radar avanzati, le capacità cinesi sembrano addirittura superare quelle dei concorrenti occidentali.
Il Dragone stringe i muscoli
Il rafforzamento militare non riguarda solo i cieli. Sul mare, la Cina ha superato gli Stati Uniti per numero di unità navali varate nell'ultimo decennio, costruendo navi più velocemente e a costi inferiori grazie a un sistema industriale altamente integrato. La Marina cinese è oggi la piu' grande al mondo per numero di navi, anche se Washington rivendica una superiorità qualitativa.
Il varo e la recente entrata in servizio della portaerei Fujian, la prima interamente progettata e costruita in Cina e dotata di catapulte elettromagnetiche, rappresentano un netto salto tecnologico rispetto alle precedenti unità, derivate da progetti sovietici. Questo rafforzamento consente a Pechino di estendere il proprio raggio d'azione ben oltre il Mar Cinese Meridionale e di proteggere rotte commerciali e interessi strategici globali.
Restano tuttavia alcuni limiti strutturali. Parte della flotta e dell'aviazione utilizza ancora sistemi di origine sovietica o russa e, sul piano dell'affidabilità, i motori occidentali mantengono un vantaggio in termini di durata e manutenzione. Ma il trend appare irreversibile.
L'obiettivo di Xi non è solo quello di colmare il divario, bensì quello di arrivare nel tempo a sfidare direttamente Washington per la leadership militare globale, trasformando l'industria bellica in uno dei pilastri della potenza strategica, dell'autonomia tecnologica e del peso geopolitico della Cina nel XXI secolo.