«Porco, dimettiti...». Oppure: «Bastardo, sparati». E ancora: «Vattene, depravato». Queste erano solo alcune delle frasi che qualche settimana fa si leggevano sui cartelli di chi protestava contro Silvio Berlusconi ad Arcore. E nenache le più becere. Tempo fa, d’accordo, ma vale ancora perchè nelle piazze questo purtroppo è il clima e questi sono i toni. Alla faccia del dialogo e di quell’anima illuminata e colta di cui si fa vanto chi contesta visceralmente il premier e dice di non aver rottamato il cervello nel grande contenitore della tv. E meno male.
E’ un dato ormai che l’opposizione più militante nel Paese ma soprattutto a Milano sia passata dal centro sinistra ai centri sociali. L’ala dura gode di un certo privilegio visto che può okkupare, graffittare e insultare senza che praticamente le succeda mai nulla. Una sorta di immunità che dà voce in capitolo e che rischia però di condizionare, e non poco, anche il prossimo dibattito politico nella nostra città che tra qualche mese andrà a votare.
Sì perché, un po’ per la sua storia e un po’ perché non può sottrarsi, Giuliano Pisapia con questa fetta del suo elettorato i conti li dovrà fare. E non sarà facile, soprattutto per lui chi cerca anche il consenso dell’elettorato moderato. Ma ci sono sensibilità e rivendicazioni che appaiono inconciliabili ed è proprio per questo che l’avvocato, che è una persona per bene, in certi momenti è costretto a scegliere il profilo basso. L’unico possibile per sfuggire alla stretta fatale di un elettorato che lo sosterrà e di cui fra l’altro non può fare a meno. ma come si può non condannare chi durante un corteo schianta una vetrina di un negozio con un estintore? Come si può non condannare chi durante una manifestazione si fa sberleffo di un nostro alpino morto in Afghanistan? E come si fa a non prendere le distanze dall’odio che tracima dagli insulti contro il premier? Si può solo in un caso, se si fa il conto dei voti che servono per avvicinarsi alla Moratti e considerando che a sinistra ormai il peso degli ultrà è davvero consistente.
E allora? Allora conviene far finta di nulla. Ma all’orizzonte non vediamo nessuna «Forza gentile» che crede nel confronto e non nello scontro e che agli insulti preferisce il dialogo. Quella è roba da spot, e va bene sui cartelloni della campagna elettorale.
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