Le mani del Fmi sulle nostre pensioni

Il Fmi promuove le politiche di Renzi: "Agenda politica ambiziosa". Ma rivede al ribasso le stime del pil: "L'Italia è ancora in recessione, le riforme sonbo cruciali"

Le mani del Fmi sulle nostre pensioni

Al Fondo monetario internazionale piace "l’ambiziosa agenda politica" del premier Matteo Renzi. "Le modifiche proposte sul mercato del lavoro, sul sistema giudiziario, sul settore pubblico e sulla legge elettorale rappresentano strumenti importanti per supportare la crescita futura", affermano gli economisti di Washington nel rapporto stilato al termine della ricognizione secondo l’articolo IV sottolineando tuttavia le "forti resistenze politiche" che incombono sul fronte giudiziario e su quello della spending review. "Ottenere risparmi significativi sarebbe difficile senza intervenire sulla grande spesa pensionistica - osservano gli esperti dell’Fmi - la spesa per le pensioni italiana è la più alta d’Europa pari a circa il 30% del totale". Per l’educazione e altre spese sociali non-pensionistiche, invece, l’esborso è molto limitato.

Non tira affatto una buona aria. Adesso Renzi deve fare pure i conti con i numeri degli analisti del Fondo monetario che hanno rivisto al ribasso le stime sul pil italiano nel 2014 indicando una contrazione dello 0,1%. Lo scorso luglio avevano indicato per l’Italia una crescita dello 0,3% quest’anno. "I rischi restano ancorati al ribasso", avvertono gli economisti del Fondo citando "le tensioni geopolitiche, la possibilità di una stagnazione e a una bassa inflazione". "Nei primi sei mesi dell’anno il pil si è contratto ma le indicazioni delle aziende e le robuste esportazioni suggeriscono un graduale aumento dell’attività economica nei prossimi trimestri", dice l'Fmi prevedendo un'accelerazione nel 2015 grazie al miglioramento della situazione del credito e all'effetto delle misure di allentamento monetario decise dalla Bce. "Pur in un contesto di crescita particolarmente fiacca - si osserva nel rapporto - l’inflazione è scesa decisamente sotto l’1% e la disoccupazione ha raggiunto il 12,3%". E se "gli spread sovrani sono diminuiti", le condizioni del credito rimangono stringenti, "soprattutto per le piccole e medie imprese" mentre "i debiti non performanti continuano ad aumentare". L’Fmi stima un tasso di disoccupazione al 12,6% quest’anno e al 12% nel 2015 e raccomanda una "particolare attenzione" nei confronti delle disparità regionali. La crisi ha investito le diverse regioni italiane in modo diseguale: il pil è calato del 6,7% al Nord nel periodo 2007-2013 e ha registrato una contrazione fino al 13,6% al Sud mentre la disoccupazione nel Mezzogiorno è salita di quattro punti percentuali in più rispetto al settentrione, con un gap di produttività del 60%.

L’Italia fatica a "uscire dalla balance sheet recession", cioè dalla recessione generata dai saldi di bilancio e "le prospettive rimangono incerte". Il Fondo monetario internazionale definisce le riforme strutturali "essenziali" per rilanciare la crescita. "Condizioni di creditizie stringenti, debolezza patrimoniale delle imprese e rigidità profondamente radicate continuano a pesare sulla domanda interna", avvertono gli economisti di Washington osservando come l’alto livello del debito pubblico amplifichi le sfide, rendendo il Paese più vulnerabile anche rispetto a shock esterni. Secondo l’Fmi, la lentezza del sistema giudiziario è uno dei principali fattori che pesa sulla debolezza del sistema delle imprese, limitando gli investimenti, facendo aumentare il costo del credito e scoraggiando le assunzioni. "Ci vogliono più di 1.000 giorni per far rispettare un contratto in Italia", osserva l’Fmi indicando la riforma del sistema giudiziario tra quelle prioritarie insieme alla lotta alla corruzione che resta "un serio problema".

"Senza riforme significative la crescita è destinata a rimanere bassa", rimarca l’Fmi sollecitando "profondi cambiamenti strutturali per spingere il potenziale di sviluppo, per assicurare la ripresa e per risolvere le questioni legate all’eccesso di debito".

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