E dopo i sogni e dopo larcobaleno che alla vigilia del voto arrivò sul palco della festa allestita da Pisapia in piazza Duomo, lavvocato comincia a fare i conti con la realtà. Con qualche piccolo «problemuccio» sugli equilibri della sua giunta, con i musi dei compagni che si aspettavano qualcosina in più, con lEcopass che sembra che i milanesi vogliano sopra ogni cosa, con i cartellini gialli alzati dal Bie sui lavori di Expo e con il «gay pride» che forse qualche nonno nelle bocciofile della Bovisa o al Giambellino non ha proprio perfettamente capito cosè.
E tutta unaltra cosa vero sindaco? E così il vento gentile che doveva spazzare via le vecchie abitudini della vecchia politica rischia di diventare già da subito un gorgo daria, che gira e rigira su se stesso sollevando solo un gran polverone. Che succede? Succede che dopo la conquista di Palazzo Marino, dopo linno del sì che ha decretato che Milano sarà la città più ecologica dEuropa, dopo i canti, i cori e le mani al cielo pare che leuforia della vittoria stia cominciando a scemare lasciando posto alle retromarce. Niente di drammatico, per carità, come dicono in questi casi i politici «normale dialettica, anzi un segno di democrazia». Evviva. Però prendiamo Ecopass, tanto per fare un esempio. L80 per cento dei milanesi che è andato a votare ha fatto sapere al sindaco e ai suoi assessori che dovrà essere inasprito, che dovrà essere allargato e che dovranno pagare tutti senza distinzione di auto vecchie o nuove, pulite o sporche. Perfetto, finalmente i politici avranno loccasione di dimostrare che per la salute dei cittadini sono capaci di scelte anche impopolari e al diavolo il consenso. Macché. Non era passata neppure unora dalla chiusura delle urne che già le agenzie battevano le dichiarazioni dellassessore alla Mobilità e allambiente Pierfrancesco Maran che, sarà anche giovane, ma evidentemente ha già capito come funziona: «Calma, è solo un proposta - si è affrettato a dire -. Noi dobbiamo pensare a ridurre le auto non a far cassa...». Fuori uno. A ruota è poi arrivato Roberto Caputo che non centra con la giunta ma è pur sempre consigliere provinciale del Pd: «forse serve una pausa di riflessione» ha chiarito subito. Insomma un conto è il sogno, un altro la realtà e anche Pisapia credo abbia già capito che con i «suoi» se non scende a patti non avrà vita facile. Così come dovrà fare i conti con lanima più cattolica della sua giunta. Anche qui cè un nome è un cognome e anche un assessorato: Marco Granelli, responsabile della sicurezza e della coesione sociali nonchè pupillo di Rosy Bindi. Anche Granelli «distingue» e prende le distanze.
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