Effetto scuole private: lo Stato risparmia sei miliardi ogni anno

Paolo Beltramin

Milano - Sei miliardi di euro: il patrimonio di Rupert Murdoch, secondo l’ultima classifica di Forbes. O, se preferite, il preventivo del ponte di Messina (3.666 metri sospesi sul mare) e del mega-tunnel del Brennero (56 chilometri sotto le montagne). Sei miliardi di euro, abbondanti, è quanto risparmia ogni anno lo Stato grazie alle scuole private. Lo rivela uno studio dell’Agesc, l’associazione genitori scuole cattoliche, basato sui dati del ministero dell’Istruzione incrociati ai conti della legge Finanziaria. Il calcolo, in fondo, è abbastanza semplice. La spesa pubblica per le scuole paritarie (compresi gli asili comunali) oggi è di mezzo miliardo abbondante. Esattamente 566 milioni e 810 mila euro. Ma quanto costerebbe allo Stato offrire una «scuola pubblica» al milione di studenti iscritti alle paritarie? Oltre dieci volte di più: sei miliardi e 245 milioni di euro.

Sui banchi delle statali, via via che uno studente cresce, dall’asilo all’esame di maturità, anche il costo della sua istruzione aumenta. Aule, docenti e tutto il resto costano, per ogni alunno, 6.116 euro all’anno alle materne, 7.366 alle elementari, 7.688 alle medie e 8.108 alle superiori. I finanziamenti alle scuole parificate, invece, procedono al contrario: 584 euro per ogni bimbo delle scuole dell’infanzia, 106 per ogni studente delle medie e meno della metà (51 euro) per quelli delle superiori.

La legge che istituisce i finanziamenti alle scuole paritarie (riconoscendone la «funzione pubblica») risale a 7 anni fa, con D’Alema a Palazzo Chigi. Il governo Berlusconi, dal 2001 al 2006, ha aumentato l’investimento da 473 a oltre 566 milioni all’anno. D’altronde, rivela l’Agesc, per ogni euro dato alle scuole paritarie, la pubblica amministrazione ne risparmia dieci. Eppure molti, dalla Cgil Scuola agli intellettuali «militanti» come Paolo Flores d’Arcais, non ci stanno. E continuano a tirare in ballo l’articolo 31 della Costituzione: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione» ma «senza oneri per lo Stato».

Forse, secondo i padri costituenti, lo Stato non dovrebbe dare neanche un euro alle famiglie che decidono di mandare i figli in un liceo cattolico, o in una materna comunale? Le cose non stanno proprio così, come dimostra il dibattito ospitato da ilsussidiario.net, quotidiano online della Fondazione per la Sussidiarietà. Spiega Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale: «La scuola pubblica non è un optional, ma è necessaria, ed è ovvio che le risorse pubbliche devono innanzitutto essere impiegate per mantenerla. Ma ciò non esclude che ci siano forme di coinvolgimento anche finanziario delle scuole private». E per Lorenza Violini, docente di Diritto costituzionale all’Università (Statale) di Milano, «l’articolo 33 è soltanto l’alibi di chi non vuole che le famiglie abbiano libertà di scelta».

Valentina Aprea, presidente della Commissione Istruzione della Camera, propone che «le scuole autonome, statali e paritarie, possano trasformarsi in fondazioni. Con il sostegno di partner pubblici e privati».

E oggi pure il ministro ombra dell’Istruzione, Mariapia Garavaglia, sogna una scuola «un po’ meno ideologizzata», dove «è la famiglia che sceglie» e dove «un ragazzo, che studi in una scuola pubblica statale o non statale, abbia lo stesso peso economico». Ormai, a parole, sembrano d’accordo quasi tutti.

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