Europa

"Accordi pericolosi": il fronte Ue che rema contro l'Italia sui migranti

Un asse frastagliato e informale frena gli accordi sui migranti. Tutte le divisioni in Ue che possono danneggiare il nostro Paese

"Accordi pericolosi": il fronte Ue che rema contro l'Italia sui migranti

I Paesi più lontani dal Mediterraneo, quelli del Nord, sono i più scettici sulle prospettive di accordi per la gestione dei flussi migratori tra l'Unione Europea e i Paesi di provenienza dell'immigrazione. Formalmente con l'intenzione di garantire che "il rispetto dei diritti umani" sia la Stella Polare degli accordi, i Paesi del Nord spingono per guardare con attenzione ogni potenziale patto con Tunisia, Libia e altri Stati. Accordi definiti pericolosi, potenzialmente, per le ricadute politiche che imporrebbero.

Parliamo di una divisione che va oltre gli steccati politici. Il governo socialista spagnolo di Pedro Sanchez e quelli conservatori di Giorgia Meloni e del greco Kyriakos Mitsotakis, ad esempio, hanno trovato una posizione sostanzialmente comune sulla volontà di evitare una frattura tra Paesi di primo arrivo, affacciati sul Mediterraneo e resto d'Europa. E anche Emmanuel Macron ha aperto alle posizioni italiane.

Al Consiglio Europeo, ricorda La Stampa, Giorgia Meloni ha in particolar modo presentato "il rischio che un crollo della Tunisia possa portare a una «catastrofe umanitaria con oltre 900 mila rifugiati". Poi ha preso la parola l'olandese Mark Rutte, che si è detto d'accordo con Meloni sulla necessità di proteggere le frontiere esterne e di lottare contro i trafficanti, ma è tornato a insistere sul rispetto delle regole di Dublino per frenare i movimenti secondari, tema che vede l'Italia sul banco degli imputati" nella percezione dei nordici. I liberali di Rutte in Olanda e il governo di centrodestra svedese, assieme a quelli di centrosinistra di Danimarca e Finlandia nicchiano.

Ricollocamenti e rimpatri da un lato, azione oltre le frontiere esterne dall'altro: Meloni e gli altri leader mediterranei puntano a vincere la partita oltre i confini, direttamente in Africa. La percezione è che il paventato collasso della Tunisia, su cui si lavora per far arrivare i quasi 2 miliardi di dollari del Fondo Monetario Internazionale, possa essere una minaccia ancora maggiore del caos libico. L'autoritarismo del leader Kais Saied è, comprensibilmente, additato da molti come un disincentivo a un accordo sulla selezione dei migranti direttamente sul suolo tunisino, ma va detto che un'Europa incapace di dettare la sua linea su aiuti, sostegno politico e controllo dell'immigrazione alla Tunisia in cambio di standard alti sui diritti umani sarebbe un'Europa destinata a giocare una partita di basso livello. E giorno dopo giorno, mentre il Consiglio Europeo si avvia alle battute finali, la percezione che emerge è che ci sia una parte di Europa che, per calcolo politico, non voglia risolvere il problema migratorio.

Non vuole risolverlo il fronte dei nordici, che usa il paravento dei diritti umani o, nel caso svedese, un mix tra questo e il pugno duro sugli ingressi per giustificare il rifiuto di nuove spese destinate a aiutare principalmente le "cicale" del Nord. Ma il vero punto fondamentale è il lassismo del governo tedesco di centrosinistra, che dopo il precedente di Angela Merkel con la Turchia, vuole evitare di apparire come l'esecutivo del pagamento dei leader extraeuropei in cambio del controllo sui migranti. Il fatto che dopo aver negoziato con Erdogan l'Europa sia restia a negoziare con Saied la dice lunga sul doppio standard che tocca molti governi: nel 2015-2016 la minaccia era la rotta balcanica che investiva l'Est, la Germania e in prospettiva il cuore anseatico dell'Europa. Oggi il fronte caldo torna il Mediterraneo. E per calcolo politico, lassismo e silenzi opportunistici si rifiuta una soluzione trasversale e pragmatica che va nell'ottica del rilancio del protagonismo europeo nel suo estero vicino. La "sovranista" Meloni è oggi decisamente più europeista di molti degli auto-proclamati custodi dell'Ue che bloccano, per egoismi di sorta, una risoluzione politica chiara. Scaricando sui Paesi del Mediterraneo l'onere della gestione delle rotte migratorie. Nuovi volti, vecchio copione: la partita dei migranti si presta a strumentalizzazioni di sorta, ieri come oggi.

E i protagonisti di questa strumentalizzazione sono, una volta di più, i "buoni" d'Europa.

Commenti