Transizione energetica

La direttiva green che divide spacca l'Ue: "Capolavoro di assurdità e ideologia"

La direttiva in discussione in Ue sulla qualità dell'aria è avversata dall'Italia. Fronte compatto contro norme stringenti ritenute anti-industriali

La direttiva green che divide spacca l'Ue: "Capolavoro di assurdità e ideologia"

La battaglia sulla direttiva per la tutela della qualità dell'aria sta dividendo un'Unione Europea in cui la "maggioranza Ursula" che ha retto la Commissione von der Leyen nei fatti non esiste più e in cui le politiche ambientali stanno aprendo una faglia sistemica destinata a riverberarsi sulle scelte dell'Europarlamento. L'assalto alla diligenza delle misure ambientali del Green Deal ha preso un'accelerazione notevole a partire da inizio anno, tra case green e svolta al 100% elettrico sull'auto nel 2035. E ora è in corso il dibattito sul futuro della direttiva introdotta nel 2008 e emendata nel 2016.

La Commissione Ue ha proposto una revisione della Euorpean Quality Air Directive in nome del suo grande piano per l'ambiente nel 2022. La revisione mira a ridurre ulteriormente i livelli di inquinanti atmosferici nell'Unione Europea e ad allinearsi maggiormente alle raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, rappresentando un'eredità dell'ex vicepresidente della Commissione con delega al Green Deal, l'olandese Frans Timmermans.

Tra le principali modifiche proposte dalla revisione vi sono la riduzione dei limiti di concentrazione per il PM2,5 di oltre la metà, da 25 a 10 microgrammi per metro cubo; la riduzione dei limiti di concentrazione per il biossido di azoto di un terzo, da 40 a 30 microgrammi per metro cubo; l'introduzione di un limite di concentrazione per il benzene, un inquinante atmosferico cancerogeno; infine, l'introduzione di un meccanismo di verifica più rigoroso per garantire che gli Stati membri rispettino i limiti di concentrazione

La revisione della direttiva sulla qualità dell'aria ambiente è ancora in fase di negoziazione tra il Parlamento Europeo, il Consiglio dell'Unione Europea e la Commissione Europea, ma la roadmap di discussione prevede che la revisione sia adottata entro la fine del 2023. E dovrebbe costituire una degli architravi del Green Deal assieme alla promozione di veicoli a basse emissioni, da concludere con l'addio all'endotermico, la promozione di energie rinnovabili, l'incentivazione all'isolamento termico degli edifici con la direttiva "case green" e il disincentivo all'uso di gas fossili.

L'obiettivo è contribuire a rendere l'Europa capace di raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica, ma già in passato la proposta di revisione, cara soprattutto al gruppo dei Verdi e dei Socialisti e Democratici, ha suscitato diversi commenti critici in Italia. In particolare, a muoversi in senso contrario a tale proposta sono stati i presidenti delle Regioni più industrializzate d'Italia, in un fronte trasversale che ha unito destra e sinistra. L'Emilia-Romagna governata dal dem Stefano Bonaccini si è aggiunta alle regioni di centrodestra, Veneto, Lombardia e Piemonte, con cui costituisce il perno del sistema industriale italiano nel giudicare stringenti tempi e obiettivi di tale proposta. "La revisione Ue concede otto anni di tempo agli Stati membri per adeguarsi ai nuovi limiti, che entreranno ufficialmente in vigore soltanto il 1 gennaio 2030. Tutti questi valori dovranno essere rivisti a partire dal 2028, ogni 5 anni, in base alle nuove evidenze scientifiche e alle tecnologie disponibili, con la possibilità di adeguarsi all’Oms prima di metà secolo", nota Il Sole 24 Ore.

Secondo una stima di Regione Lombardia, tre quarti delle attività dovrebbero essere di fatto fermate per permettere ai limiti di essere raggiunti, mettendo fuori legge il 60% degli impianti di riscaldamento e il 75% degli allevamenti nella sola Pianura Padana. Per non parlare degli effetti sull'industria, già provata dalle decisioni sull'auto. Di "capolavoro di assurdità e ideologia" ha parlato l'eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini, membro della Commissione Ambiente del Parlamento europeo.

"Sulla sostenibilità ambientale dobbiamo essere ambiziosi. Ma senza perdere di vista la realtà", ha notato Salini, parlando in un comunicato in cui ha espresso la sua contrarietà alla bozza di revisione che sta venendo discussa a Strasburgo. "Di fronte all'incapacità della Commissione di combinare la morfologia dei territori con la sostenibilità economico-sociale, restano due opzioni: abbattere le Alpi o chiudere tutte le attività economiche del Nord Italia, cuore pulsante dell'economia europea", ha sottolineato l'eurodeputato cremonese, aggiungendo che è "la conformazione geografica del bacino padano a rendere insostenibili i nuovi parametri. Non è questione di emissioni. Tanto più che le nostre imprese - e qui siamo all'autolesionismo - sono già le più verdi e innovative d'Europa".

Come abbiamo avuto più volte modo di sottolineare su queste colonne, infatti, l'Europa è un modello per molti dei benchmark che riguardano la sostenibilità ambientale e la transizione energetica. Ma al contempo spesso le norme comunitarie anticipano la realtà e provano a forzarla eccessivamente. Creando uno iato tra obiettivi sicuramente nobili di sostenibilità e possibilità concrete delle società e degli attori economici che, con grandi sforzi e investimenti, queste svolte devono metterle a terra concretamente. Il Vietnam dell'Europarlamento odierno può permettere a molte "eurofollie" legate all'ambientalismo ideologico di passare.

Con il rischio di grandi problematiche per l'industria e lo sviluppo di Paesi come l'Italia.

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