Farmaci e terapie

Long Covid, il cuore interessato da un meccanismo autoimmune: lo studio

In molti pazienti colpiti dal Covid-19 si riscontrano problematiche al cuore anche a molti mesi dalla guarigione: ecco a cosa è dovuta la complicanza cardiaca

Long Covid, il cuore interessato da un meccanismo autoimmune: lo studio

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Soprattutto nella seconda fase della pandemia i postumi della malattia hanno fatto molta paura, in particolare il Long Covid che, in molti pazienti, è perdurato per mesi anche dopo la guarigione. Alcuni ricercatori dell'Istituto Humanitas hanno scoperto il meccanismo alla base del quale si riscontrano problematiche al cuore dopo aver contratto il virus: è il nostro stesso sistema immunitario che attacca l'organismo originando un meccanismo autoimmune che scatena il problema cardiaco.

Cosa dice lo studio

Si tratta di una delle conseguenze più comuni ma anche più temute proprio perché riguardano il nostro cuore. "Le complicanze cardiovascolari sono frequenti nei pazienti guariti da Covid-19, soprattutto in chi ha sofferto di una forma grave dell’infezione", ha dichiarato il prof. Gianluigi Condorelli, direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas e docente Humanitas University. I ricercatori si sono accorti che almeno il 50% dei pazienti ricoverati per Covid-19 con alti livelli di troponina (una proteina che si trova anche nei muscoli cardiaci) "presentano anomalie nella risonanza magnetica cardiaca anche a sei mesi dalla guarigione".

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Circulation con il titolo che spiega già di cosa si tratta: "Le complicanze cardiache prolungate del Covid-19 sono associate all’autoimmunità degli autoantigeni cardiaci sufficienti a causare disfunzione cardiaca". La ricerca portata avanti da Humanitas e finanziata dalla Fondazione Veronesi ha messo in luce un aspetto molto importante: la persistenza del problema anche molti mesi dopo, con danni diretti alle cellule cardiache scoperti grazie alla risonanza magnetica.

"Anomalia sui globuli bianchi"

I ricercatori hanno visto che sui pazienti interessati da questa problematica si attivano in maniera anomala alcune tipologie di globuli bianchi, le cellule B (quelle che producono gli anticorpi) oltre a identificare la presenza di alcuni auto-anticorpi che riconoscono gli stessi tessuti del cuore. "Come abbiamo poi dimostrato in uno studio di laboratorio, questi auto-anticorpi sono assenti nei pazienti ricoverati ma senza danni cardiaci e sono sufficienti a scatenare una reazione autoimmune contro il cuore", hanno spiegato i ricercatori Marco Cremonesi e Arianna Felicetta, primi autori dello studio su Circulation. "I dati dello studio, seppur indicativi e derivati da un piccolo numero di pazienti, supportano la nostra ipotesi di partenza: il danno cardiaco è compatibile con un meccanismo chiamato perdita di tolleranza immunologica", ha aggiunto prof. Marinos Kallikourdis, capo del Laboratorio di Immunità Adattiva di Humanitas e docente Humanitas University.

Ma da cosa nasce tutto questo? I ricercatori credono che alcune cellule immunitarie che devono riconoscere i nostri tessuti siano attivate, per errore, nel momento in cui incontrano il virus e, invece di attaccarlo, si attiva una specie di aggressione contro il nostro organismo. Da qui si ipotizza che nonostante si tratti di un meccanismo singolo potrebbe avere implicazioni anche molto diverse scatenando altre reazioni autoimmuni "ad esempio contro il tessuto nervoso, tipiche del Long-Covid", aggiunte il prof. Kallikourdis.

In attesa di nuove conferme, questi importanti risultati dimostrano i vari ruoli dell'immunità nelle malattie cardiache e soprattutto il trattamento di queste patologie con farmaci ad hoc chiamati immunomodulanti fondamentali per la guarigione dei pazienti con il Covid.

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