Letteratura

Neuroni e connessione, così funziona il cervello dei cervelloni

Chissà, vi chiederete, che cos'ha di speciale il genio. Il filosofo Arthur Schopenhauer aveva le idee chiare in proposito

Neuroni e connessione, così funziona il cervello dei cervelloni

Chissà, vi chiederete, che cos'ha di speciale il genio. Il filosofo Arthur Schopenhauer aveva le idee chiare in proposito: «(...) è soprattutto il cervello che deve avere uno sviluppo e delle dimensioni fuori dal comune, principalmente in lunghezza e altezza: la parte posteriore al contrario, potrà essere più piccola, e dovrà essere il cervello vero e proprio a prevalere decisamente sul cervelletto». Nel suo Sul genio (Il Melangolo, traduzione di Neleo di Scepsi) Schopenhauer scrive: «(...) il referto dell'autopsia sul cadavere di Byron rivela che in lui la materia bianca era presente in quantità molto superiore rispetto alla grigia; si dice anche che il suo cervello pesasse sei libbre. Quello di Cuvier ne pesava 5, il peso normale è di 3 libbre».

I reperti anatomici di altri geni del passato non sembrano però confermare le ipotesi di Schopenhauer. In media il peso di un cervello umano si aggira sui 1300 grammi. Oliver Cromwell aveva un cervello grande, ben 2238 grammi, ma quello di Einstein era di soli 1230 grammi. Quello dello scrittore francese Anatole France, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1921, pesava appena 1100 grammi.

La banca dei cervelli della American Anthropometric Society raccoglie i cervelli di più di un centinaio di persone eminenti, da ogni ambito della cultura: i valori estremi sono rappresentati dal cervello del romanziere Ivan Turgenev, 2012 grammi, e da quello del padre della frenologia Franz Joseph Gall, che pesava appena 1198 grammi.

A prescindere dal genio, comunque, è ben documentato come cervelli insolitamente piccoli si accompagnino a prestazioni intellettive nella norma. Paradigmatico il caso di Daniel Lyons, un individuo di corporatura e intelligenza del tutto usuali, il cui cervello pesava appena 680 grammi. Pare perciò che variazioni di circa il cinquanta per cento nella massa cerebrale non abbiano grande significato nei termini delle capacità intellettuali.

Per chiarire le difficoltà in cui ci dibattiamo non posso resistere alla tentazione di menzionarvi il mio animale favorito, il vertice della creazione quanto a intelligenza il pulcino di pollo domestico (anche il pollo adulto ovviamente è intelligente, solo che con gli esemplari adulti io non intrattengo commerci molto estesi: per scrutarne i cervelli li sacrifichiamo molto prima che siano adulti).

Tutti sanno che il cervello di questi animali pesa poco, il loro corpo deve essere leggero per poter volare (o almeno svolazzare). Tuttavia i volatili sono alla pari con i mammiferi quanto a capacità cognitive: anzi, corvidi e pappagalli non solo rivaleggiano ma spesso superano in capacità intellettuali scimmie e scimmie antropomorfe. Com'è possibile? Si è scoperto che a parità di volume il cervello degli uccelli contiene più di due volte il numero di neuroni rispetto ai primati e fino a quattro volte in più rispetto ai roditori. Poiché i neuroni sono le unità di elaborazione del cervello, più neuroni per grammo di cervello possono produrre una maggiore capacità di elaborazione delle informazioni. Quando si tratta di cognizione, sono rilevanti soprattutto i neuroni del pallio (che nei mammiferi è chiamato corteccia). La percentuale di questi neuroni corticali è pari al 19 per cento nei primati, i numeri corrispondenti sono 55 e 61 per cento nei pappagalli e negli uccelli canori. I numeri dei neuroni palliali sono in effetti i migliori indicatori di attività cognitive complesse. Quindi, questo potrebbe spiegare la somiglianza delle capacità cognitive di corvidi, pappagalli e grandi scimmie? Non proprio. Mentre i pappagalli e i corvidi sono cognitivamente alla pari con le scimmie antropomorfe, il loro numero di neuroni palliali differisce ancora ampiamente: un corvo ne ha 1.2 miliardi, uno scimpanzé 7.4 miliardi. Quindi, la maggiore percentuale di neuroni palliali riduce il divario quantitativo tra gli uccelli e primati senza annullarlo. Ma gli uccelli hanno un altro asso nella manica. L'intelligenza è possibile soprattutto grazie al numero di neuroni associativi che si trovano tra neuroni sensoriali e motori: alcuni studi recenti suggeriscono che il numero dei neuroni associativi dei corvi sia in effetti simile quello degli scimpanzé.

Però se dal cervello dei vertebrati passiamo a quello degli invertebrati le difficoltà risultano amplificate: il cervello di un'ape conta 860mila neuroni in tutto, ma è capace di cose strepitose come capire lo zero, afferrare il concetto di eguale e diverso, riconoscere un volto... Se non sappiamo riconoscere il genio tra i diversi gruppi tassonomici non sorprende che ci sfugga la sua firma nei singoli individui.

Certamente non è nella grandezza del cervello che possiamo sperare di trovare le tracce del genio. Probabilmente sono le caratteristiche delle connessioni tra le cellule nervose quelle che contano per l'intelligenza. Ad esempio, sembra che il corpo calloso di Einstein, il fascio di fibre che connette i due emisferi del cervello, fosse più spesso della media, e che i lobi parietali, che sono importanti per il pensiero matematico, fossero marcatamente asimmetrici.

Ma, per tornare ancora al mio animale preferito, non sappiamo se sia nato prima l'uovo o la gallina: se Einstein sia venuto al mondo con queste peculiarità o se siano state il risultato del tempo trascorso a immaginarsi a cavallo di un raggio luminoso, viaggiando alla sua velocità.

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