Guerra e loschi intrighi alla corte di Ruggero II, re arabo e normanno

Marcello Simoni in "L'eredità dei gattopardi" riporta in vita la Palermo del XII secolo

Guerra e loschi intrighi alla corte di Ruggero II, re arabo e normanno
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Anno domini 1130, è il giorno di Natale. La cattedrale di Palermo è gremita sino all'inverosimile di nobili e potenti signori feudali, le volte dorate risuonano dei loro sussurri amplificati. Sono riuniti lì perché Ruggero II d'Altavilla sta per essere incoronato re. È la fine di un percorso politico condotto con furbizia e coraggio. Un percorso pensato per riunire tutte le conquiste normanne del sud Italia e incentrato sulla capacità dei conquistatori normanni di portare avanti un incredibile sincretismo culturale col mondo arabo. Ma un conto sono i desiderata di Ruggero, un conto la voglia di ribellione che serpeggia tra alcuni dei potenti vestiti a festa che osservano il giuramento.

La Storia con la "S" maiuscola ci racconta delle molte spedizioni che Ruggero dovette portare avanti per sedare i potenti ribelli. Il romanziere, con una formazione da archeologo e bibliotecario, Marcello Simoni, in L'eredità dei gattopardi (Newton Compton Editori, pagg. 352, euro 12,90) gioca a raccontare le trame segrete che si muovevano sotto la nascente struttura del fragile regno.

Presente alla cerimonia, tra i vari signori normanni e longobardi del Meridione, nella fiction romanzesca c'è anche Folco Ferracutus dei Signori di Évreux. Folco è giunto in Sicilia dalla Normandia, al seguito dei suoi genitori, tre anni prima, per sposare Altruda, unica erede del Barone Galgano Drengot, Signore di Sagitta. Ma poco dopo moglie e figlio appena nato sono stati rapiti da Grimoaldo di Bari (potente nobile di origine longobarda realmente esistito). Non ha trovato modo per farli liberare. Spera di incontrare nella cattedrale dei potenziali alleati.

Invece è proprio in questo contesto che si vede spuntare alle spalle un uomo incappucciato. Gli recapita un messaggio minaccioso. Rivuole figlio e moglie dal principe di Bari che li tiene in ostaggio? Dovrà assassinare il monarca.

Uomo d'onore, miles tutto d'un pezzo, Folco tenterà però di tornare padrone del proprio destino. Tutto questo mentre i complotti del suocero, il barone Galgano Drengot, metteranno a dura prova la vita di sua madre e di sua sorella, senza escludere nemmeno il fratellino Abelardo, che ancora in tenera età verrà allontanato dal castello di Sagitta per essere educato alla vita monastica.

Del resto nubi assai più cupe si profilano all'orizzonte. La guerra di Ruggero II di Altavilla contro i ribelli sul continente incombe: un'autentica marcia di conquista alla quale Folco non potrà sottrarsi. Nel frattempo, approfittando dell'inasprirsi del contrasto tra i Ferracutus e i Drengot, nel castello di Sagitta inizia a uscire dall'ombra una figura del tutto inaspettata. Un uomo deforme dal temperamento sinistro. Il discendente di Galgano da tutti creduto morto.

Senza svelare cose che rovinerebbero la lettura, sono questi gli elementi più interessanti del romanzo di Simoni, che è il secondo capitolo di una saga dedicata ai normanni di Sicilia (il primo capitolo è La torre segreta delle aquile).

Simoni consente al lettore di fare un viaggio in un medioevo diverso che ha creato una cultura ibrida che ha segnato molte delle tipicità della Sicilia e del sud Italia. Sulla carta la fusione della cultura araba con quella normanna era un'alchimia impossibile. Senza contare che in quello che sarebbe diventato un regno di splendida ricchezza e cultura esistevano anche una componente longobarda e una romano bizantina. Senza il peso del saggio Simoni può mettere in gioco tutte queste componenti per ricostruire un mondo irripetibile. Violento certo, ambiguo nelle sue faide e violenze politiche, ma caratterizzato da un rigoglio di energie culturali e vitali che non avrebbero avuto eguali per secoli. Parlando della Sicilia araba gli emiri palermitani, prima Fatimidi e poi Kalbiti (sciiti) fornirono all'Isola quello che per l'epoca si può considerare un buon governo basato sulla dottrina conosciuta come il "circolo dell'equità": "Non c'è regnante senza esercito, non c'è esercito senza ricchezza, non c'è ricchezza senza terre coltivate e non ci sono terre coltivate senza equità e buon governo". Crearono una burocrazia perfetta.

I Normanni la ereditarono e la mantennero per decenni creando un melting pot che Simoni fa rivivere anche nella lingua del romanzo dove un piccolo normanno gira per le cucine del castello gridando: "Unni est 'lu falulag?". I romanzi storici si fanno con i piccoli dettagli che rendono un'epoca.

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