Lunedì gli Stati Uniti hanno deciso di includere nella lista delle Designated Foreign Terrorist Organizations il cartello della droga “de los Soles”, a cui la Casa Bianca continua ad associare il presidente del Venezuela Nicolás Maduro.
Questa decisione può essere considerata come un’ennesima azione di pressione nella campagna che l’amministrazione Trump sta muovendo non solo nei confronti dei narcos, ma dell’establishment del Venezuela che resta fedele agli ideali socialisti e alle posizioni della Rivoluzione bolivariana del presidente Chávez, e potrebbe essere il segno che il “conflitto armato non internazionale” condotto dal Pentagono su mandato della Casa Bianca potrebbe entrare in una nuova fase. Fase che potrebbe contemplare non solo le “operazioni coperte” della Cia e delle unità speciali dell’agenzia abilitate da Trump a condurre azioni in territorio venezuelano, ma anche quelle che vengono definite "azioni cinetiche”. Per essere chiari: raid aerei e azioni militari che contemplano l’uso della forza su obiettivi selezionati in territorio venezuelano.
Il Cartel de Los Soles è nemico "terrorista" degli Usa
La scelta di considerare il Cartel de Los Soles come una organizzazione terroristica ha aumentato “significativamente” il pericolo che queste operazioni vengano condotte anche al di fuori del Mar dei Caraibi, dove la task force inviata dall'Amministrazione Trump già colpisce indiscriminatamente i natanti dei narcos. Stando ai dati resi noti, sarebbero almeno 15 le imbarcazioni affondate per un totale di almeno 76 morti.
Già la scorsa settimana il segretario alla Difesa Pete Hegseth, che ha recentemente annunciato il lancio dell’operazione denominata Southern Spear, che ha l’obiettivo di “reprimere i narcoterroristi" che usano hub venezuelani per condurre i loro traffici nei Caraibi, ha comunicato un “aumento delle opzioni militari statunitensi nella regione”, che negli ultimi mesi ha assistito a un rafforzamento della presenza militare statunitense nei Caraibi come non si vedeva dalla crisi dei missili cubani del 1962.
Attualmente oltre venti navi da guerra, compresa la portaerei Uss Gerald Ford con il suo Strike Group, due sottomarini e almeno sette cacciatorpediniere armati con missili da crociera Tomahawk incrociano nel Mar dei Caraibi accanto a una flotta d’invasione composta da tre unità navali per operazioni anfibie cariche di Marines. Nelle basi di terra della regione, da Puerto Rico alla baia di Guantanamo, squadriglie di aerei d’attacco e droni si sommano agli F/A-18 Hornet e Super Hornet imbarcati sulla portaerei Ford, che sono già stati “individuati” insieme ad aerei spia nei cieli a nord del Venezuela il 21 novembre. Mentre la nave di intelligence M/V Ocean Trader, osservata in operazioni di addestramento con gli elicotteri delle forze speciali del 160° Special Operations Aviation Regiment, notoriamente associato all’infiltrazione ed esfiltrazione di incursori in territorio ostile, staziona da tempo nella regione.
La risposta di Caracas alla mossa degli Usa
Il governo di Caracas, che ha mobilitato tutti i riservisti e schierato tutti i sistemi di difesa aerea disponibili a difesa di obiettivi sensibili e a ridosso della costa, ha denunciato le azioni di forza indiscriminate che gli Stati Uniti stanno protraendo nei Caraibi, accusando Washington di voler rovesciare illecitamente il presidente Maduro. Il ministro degli Esteri venezuelano Yvan Gil ha dichiarato che il Venezuela "respinge categoricamente, fermamente e assolutamente la nuova e ridicola invenzione del Segretario di Stato americano, Marco Rubio, che designa l'inesistente Cartel de los Soles come organizzazione terroristica", apostrofando la teoria di un collegamento tra il presidente Nicolás Maduro e i cartelli della droga come "una famigerata e vile menzogna per giustificare un intervento illegittimo e illegale contro il Venezuela, secondo il classico schema statunitense di cambio di regime. Questa nuova manovra subirà lo stesso destino delle precedenti e ricorrenti aggressioni contro il nostro Paese: il fallimento".
Ciò nonostante, fonti dell'agenzia Reuters hanno confermato che gli Stati Uniti "sono pronti a lanciare una nuova fase di operazioni relative al Venezuela nei prossimi giorni", e l'inserimento nella lista delle organizzazioni terroristiche dei narcos potrebbe abilitare i caccia dell'Us Navy o dei Marines, o i droni armati operati dalla Cia, a colpire obiettivi sul territorio venezuelano, provocando una possibile e probabile escalation nel caso di un abbattimento.
Gli obiettivi di un possibile raid ordinato dal Pentagono
Se il Pentagono ricevesse l'ordine o il via libera del presidente Trump, gli attacchi che fino ad ora hanno colpito solo le imbarcazioni associate ai narcos mentre erano in transito nel mar dei Caraibi, potrebbero essere estesi a obiettivi terrestri "strettamente legati ai cartelli e alla produzione di droga", escludendo le strutture statali, scrivono gli analisti di The War Zone, ma includendo nella lista dei target "laboratori, nodi logistici, come le strutture portuali, e personale dei cartelli".
Come accennato, se le forze statunitensi colpissero qualsiasi tipo di "installazioni militari o altre infrastrutture statali che gli Stati Uniti ritengono facilitino attivamente il traffico di droga", ciò rappresenterebbe un atto ostile che differirebbe dal "conflitto armato non internazionale" che il Pentagono sta conducendo, e porterebbe a un'ulteriore escalation.
Mentre sono al vaglio operazioni di guerra psicologica e probabilmente di guerra ibrida, oltre alle "black ops" che sono state annunciate ma difficilmente verranno rese note prima della fine di questa delicata e asimmetrica guerra alla droga che infesta i Caraibi e da sempre i paesi "non allineati" delle Americhe del Sud.