
Il tempismo forse non è il pregio migliore del governo presieduto da Benjamin Netanyahu. Israele ha dichiarato che autorizzerà 22 insediamenti ebraici in Cisgiordania, compresa la legalizzazione di avamposti già costruiti senza l’autorizzazione del governo. Una mossa che, in questo momento, non può che alzare sempre di più il livello dello scontro coi palestinesi. Gran parte della comunità internazionale considera "illegali" gli insediamenti e un ostacolo alla risoluzione del conflitto che va avanti tra decenni.
Il ministro della Difesa, Israel Katz, sostiene che la decisione di stabilire gli insediamenti "rafforza la nostra presa su Giudea e Samaria", che arriva "58 anni dopo la liberazione". Katz utilizza il termine biblico per la Cisgiordania, occupata da Israele nel 1967, dicendo che la mossa del governo "consolida il nostro diritto storico alla Terra d’Israele e costituisce una risposta schiacciante al terrorismo palestinese". Ha aggiunto inoltre che si tratta anche di "una mossa strategica che impedisce la creazione di uno Stato palestinese che metterebbe in pericolo Israele".
Emerge in modo netto, quindi, che la visione strategica della leadership israeliana è quella di impedire ogni sogno di autodeterminazione palestinese. E per perseguire questo obiettivo viene portato avanti scientificamente l'allargamento delle colonie.
Il ministro ha quindi sottolineato che "lo Stato di Israele è tornato sulla via della costruzione, del sionismo e della visione". "Gli insediamenti ereditati dai nostri antenati costituiscono un muro protettivo per lo Stato di Israele e abbiamo compiuto un enorme passo avanti verso il suo rafforzamento. Il prossimo passo è la sovranità", ha concluso, riferendosi all'annessione della Cisgiordania. Da parte sua, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dichiarato che la decisione "rafforza il controllo" del territorio palestinese occupato e rappresenta una "risposta decisa al terrorismo palestinese", come riportato dal quotidiano israeliano Times of Israel.
Dicevamo del tempismo. Nuovi insediamenti proprio ora che Hussein al-Sheikh, il delfino di Abu Mazen, si dice pronto a riconoscere Israele e che i campi profughi iniziano, piano piano, ad essere ripuliti dalle armi?
È una partita a scacchi quella che si sta giocando in Medio Oriente. Nethanyahu sta muovendo i suoi "pedoni" prima che le grandi potenze tornino a far sentire la loro voce grossa.
Presto o tardi gli Stati Uniti rilanceranno gli accordi di Abramo e, a quel punto, gli spazi di manovra pr Israele si ridurranno. Ecco perché Bibi vuole conquistare, ora, più spazio possibile. Sa di esacerbare gli animi, ma il suo è un rischio calcolato.