
Per la prima volta dopo due anni di prigionia, le sirene del conflitto sono state coperte da un applauso. A Tel Aviv, in Piazza degli Ostaggi, le famiglie hanno alzato lo sguardo verso gli altoparlanti, trattenendo il respiro mentre venivano pronunciati i primi nomi: Gali e Ziv Berman, Matan Angrest, Alon Ohel, Omri Miran, Eitan Mor e Guy Gilboa-Dalal. Sette israeliani vivi, consegnati alla Croce Rossa nella Striscia di Gaza. Una scena che, per molti, segna il primo vero barlume di pace dopo mesi di devastazione e anni di attesa.
L’operazione di rilascio è iniziata alle 7:07 (ora italiana), secondo fonti israeliane e internazionali. Gli ostaggi, apparsi in buone condizioni fisiche, sono stati presi in consegna dagli operatori del Comitato Internazionale della Croce Rossa, che supervisiona l’intero scambio. Secondo un alto funzionario di Hamas citato da Al Jazeera, i restanti tredici ostaggi vivi saranno consegnati alle 9:00 nel sud della Striscia di Gaza, “a condizione che Israele rispetti i calendari e i termini dell’accordo”.
Il presidente israeliano Isaac Herzog ha definito quella di oggi “una mattina di grande speranza e grande preghiera. Una mattina in cui aspettiamo e vogliamo vedere tutti a casa, fino all’ultimo”. A Tel Aviv, il fragoroso applauso che ha accolto l’annuncio del rilascio ha attraversato la piazza come un’onda, simbolo di un Paese che non ha mai smesso di contare i giorni e i nomi dei dispersi. L’ala militare di Hamas, riferiscono canali arabi, sta completando in queste ore il trasferimento dei restanti ostaggi israeliani verso la Croce Rossa a Gaza City. Le Forze di Difesa israeliane (IDF) mantengono il silenzio ufficiale, ma monitorano da vicino il rispetto delle scadenze previste.
Il rilascio degli ostaggi avviene nell’ambito di un accordo mediato da Stati Uniti, Egitto e Qatar che prevede uno scambio con oltre 1.900 prigionieri palestinesi detenuti in Israele. Nelle scorse ore Hamas ha pubblicato una lista di venti ostaggi vivi destinati a essere liberati, mentre Israele ha approvato il piano che include anche una parziale riduzione delle operazioni militari e il ripristino degli aiuti umanitari per Gaza. Restano tuttavia molti punti irrisolti: la piena attuazione del cessate il fuoco, il futuro politico della Striscia e le condizioni dei civili palestinesi. Ma questa mattina, per la prima volta dopo molto tempo, la parola più pronunciata a Tel Aviv e a Gaza non è “guerra”, bensì “ritorno”.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e sua moglie Sara hanno allegato un biglietto personale per gli ostaggi che stanno tornando, insieme al kit di accoglienza preparato per loro e che troveranno nella stanza di ospedale che li accoglierà. Sul biglietto c'è scritto: 'A nome di tutto il popolo di Israele, bentornato! Ti abbiamo aspettato, ti abbracciamo. Sara e Benjamin Netanyahù. Lo rende noto l'ufficio del primo ministro. Il kit include, tra le altre cose, abbigliamento e oggetti personali, un computer portatile, un telefono cellulare e un tablet.
Quando i primi ostaggi sono stati rilasciati, portati in Israele e trasferiti in elicottero al Rabin Medical Center di Petah Tikva, il dottor Michal Steinman li porterà al sesto piano, ove verranno esaminati in seguito a oltre 700 giorni di prigionia. Sarà la terza volta che l'unità ostaggi entra in funzione. La BBC ha visitato l'unità sabato, quando l'équipe medica ha appreso l'identità degli ostaggi che avrebbe curato. "Non esiste un campo chiamato medicina in cattività, e lo stiamo inventando", ha detto il dott. Steinman alla BBC. Secondo lei, lo staff ha imparato due grandi lezioni dai due precedenti rilasci di ostaggi, a novembre 2023 e a gennaio di quest'anno. "La prigionia provoca al corpo delle cose che il corpo ricorda.
Vedi tutti questi strati. Ci vuole tempo per capire cosa è successo ai loro corpi, alle loro anime", ha detto. "Ci stiamo ancora prendendo cura degli ostaggi tornati a gennaio e febbraio e ogni settimana scopriamo cose nuove".