Trump in Israele: "Questo è un nuovo inizio"

Tra speranze di pace e tensioni irrisolte, la missione di Trump in Israele segna l’inizio di un fragile equilibrio nel nuovo Medio Oriente post-Hamas

Trump in Israele:  "Questo è un nuovo inizio"
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L’Air Force One, con a bordo il presidente Donald Trump, è atterrato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, in Israele, segnando l’inizio di una visita storica volta a celebrare il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, che il leader americano ha definito “la fine della guerra”. In un'intervista telefonica con Barak Ravid di Axios, Trump ha dichiarato che l'accordo di pace per Gaza "potrebbe essere la cosa più importante in cui abbia mai preso parte".

Il volo presidenziale ha sorvolato Hostages Square, nel centro di Tel Aviv, dove decine di migliaia di persone si erano radunate per seguire il ritorno degli ostaggi israeliani liberati da Gaza. Il passaggio dell'Air Force One è avvenuto poco dopo l’arrivo dei primi sette ostaggi vivi, rilasciati nell’ambito dell’accordo mediato dagli Stati Uniti e da partner regionali. Migliaia di persone, radunate nella piazza degli ostaggi a Tel Aviv, applaudono mentre guardano il maxischermo sul quale da un lato Donald Trump scende dall'Air Force 1 e dall'altro i furgoni consegnano gli ostaggi alle loro famiglie in Israele.

Trump, parlando ai giornalisti a bordo dell’aereo, ha dichiarato che “la guerra è finita” e che “le persone sono stanche di combattere”, esprimendo fiducia sulla tenuta del cessate il fuoco. “Credo che questa tregua possa reggere proprio per questo: perché tutti ne hanno abbastanza”, ha detto il presidente, sottolineando che la tregua è stata resa possibile anche grazie al sostegno americano alle operazioni israeliane contro le milizie sostenute dall’Iran, inclusi Hamas e Hezbollah. "Non credo che ci sia niente che mi porterà in paradiso. Penso che forse non sono destinato al paradiso. Potrei essere in paradiso in questo momento mentre voliamo sull'Air Force One. Non sono sicuro di riuscire ad andarci, ma ho reso la vita molto migliore per molte persone", così Trump ha risposto ai giornalisti.

Il piano, ancora in fase di attuazione, prevede la liberazione degli ultimi 48 ostaggi israeliani, un massiccio afflusso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e un parziale ritiro delle forze israeliane dalle principali città dell’enclave. In cambio, Israele riaprirà cinque valichi di frontiera per facilitare l’ingresso di cibo e forniture essenziali in un territorio allo stremo, dove alcune aree soffrono condizioni di carestia. La visita di Trump include un incontro con le famiglie degli ostaggi e un intervento alla Knesset, il parlamento israeliano — un onore concesso l’ultima volta a un presidente americano nel 2008, con George W. Bush. Successivamente, il presidente volerà a Sharm el-Sheikh, in Egitto, per partecipare a un vertice internazionale con oltre venti leader regionali dedicato alla pace in Medio Oriente e alla ricostruzione di Gaza.

Sia Israele che l’Egitto hanno annunciato che conferiranno a Trump le rispettive più alte onorificenze civili. Tuttavia, la tregua resta fragile: non è ancora chiaro come verranno gestite le questioni cruciali del disarmo di Hamas, della governance postbellica di Gaza e della ricostruzione del territorio, che lo stesso Trump ha descritto come “un sito di demolizione”. “Non so se si possa parlare presto di una Riviera di Gaza”, ha ammesso, “ma spero un giorno di poterci mettere piede”.

Circa 200 militari statunitensi saranno coinvolti nel supporto logistico e nella distribuzione di aiuti, insieme a partner internazionali, ONG e attori del

settore privato. Per il presidente americano, questo momento rappresenta una rara opportunità per “ridefinire il Medio Oriente” e riaprire il dialogo tra Israele e i Paesi arabi dopo anni di conflitti e divisioni.

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