Gli stupri, le pallottole in testa e i corpi fatti a pezzi: così hanno massacrato le israeliane

Le barbarie di Hamas raccontate da chi le ha visto in prima persona ed è riuscito a sopravvivere restituiscono con ancora maggiore orrore la verità sui massacri del 7 ottobre

Gli stupri, le pallottole in testa e i corpi fatti a pezzi: così hanno massacrato le israeliane
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Continuano a emergere racconti agghiaccianti sul 7 ottobre di Israele, che passerà alla storia come uno dei massacri più brutali della storia. Le forze di Hamas che sono penetrate a sud dello Stato ebraico hanno fatto carne da macello dei residenti e in queste ore arrivano anche le testimonianze di chi, fortunatamente, è riuscito a sopravvivere a quella barbarie.

Stupri, violenze di gruppo, assassini a sangue freddo e mutilazioni: il campionario degli orrori di Hamas del 7 ottobre comprende qualunque tipo di brutalità che si possa immaginare e va anche oltre. La polizia sta continuando a interrogare i testimoni oculari, i sopravvissuti che difficilmente cancelleranno quelle immagini dai loro occhi. "Hanno fatto chinare una donna", racconta uno dei testimoni ascoltati dalla polizia, come riportato da Haaretz: "Mi sono accorto che la stava violentando e poi l'ha passata a un'altra persona in uniforme". A quel punto, dice ancora la persona che suo malgrado ha assistito a quello scempio, a quella donna è stato sparato un proiettile in testa e altri miliziani ne hanno mutilato il corpo.

Fino a questo momento, a riportare delle violenze e dei massacri compiuti da Hamas è stata l'organizzazione Zaka, composta da volontari che fin da quel 7 ottobre operano nei luoghi dei massacri per recuperare e identificare i corpi martoriati dai miliziani di Hamas. È dai loro racconti che si è inizialmente capito cosa fosse successo nei kibbutz e al rave party, è tramite le loro parole che sono arrivate le prime informazioni sulle brutalità e gli abusi compiuti dai terroristi.

La caccia ai miliziani responsabili degli attacchi è aperta da parte della polizia israeliana, che sta compiendo ogni sforzo possibile per il riconoscimento di chiunque si trovasse a sud del Paese per compiere il massacro. Molti di quelli finora arrestati hanno ammesso le proprie responsabilità, altri continuano a negarlo, affermando di trovarsi in Israele in quei momenti solo per cercare lavoro. Fonti della polizia spiegano al quotidiano che l'intenzione è quella di procedere contro di loro anche in assenza di prove, che in molti casi è impossibile da avere a causa della mancata fotografia alle scene del crimine a seguito del caos successivo agli attacchi. Ciò significa che qualunque persona sia stata catturata in uno dei luoghi dei massacri potrebbe essere incriminata per omicidio, stupro e abuso anche per quanto accaduto nelle altre zone.

Uno dei miliziani finora arrestati, che si è dichiarato responsabile del massacro in una comunità, era a capo di una squadra che ha torturato e ucciso soldati, residenti e guardie di sicurezza.

Ha affermato di essersi addestrato per anni per quella missione e che ogni squadra, compresa la sua, aveva ricevuto ordini precisi, ai quali si aggiunge il permesso religioso per l'uccisione dei bambini, perché "cresceranno per essere soldati". Ma avevano il permesso anche di decapitarli per "seminare la paura tra gli israeliani".

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