
Whalsay è una minuscola isola delle Shetland, a tratti inaccessibile. In sette chilometri quadrati e mezzo abitano circa mille umani. A Whalsay si vive per lo più di pesca: esiste una squadra di calcio che gioca a livello amatoriale, qualcuno ha costruito in questo "nessundove" un campo da golf. Whalsay vuol dire "isola delle balene"; dicono che l'uomo sia approdato lassù nel Neolitico.
Negli anni Trenta, uno dei più formidabili poeti del secolo al secolo: Christopher Murray Grieve, nato a Langholm nel 1892 si ritira a Whalsay. Vuole apprendere un linguaggio nuovo. Vuole sentire i sussurri delle pietre. Si costruisce un vocabolario autarchico, tutto per sé, che mescola il gergo dei balenieri all'urlo delle sule. "Leggenda vuole che avesse trascorso tre giorni sulla spiaggia di West Linga dormendo in una grotta e appuntandosi ogni tipo di osservazione sulla geologia del posto, sui colori delle pietre e sui mutamenti di luce di quel cielo nordico" (Marco Fazzini). Era il 1933. L'anno dopo il poeta pubblica Stony Limits and Other Poems. In quella raccolta spicca il capolavoro. On a Raised Beach.
Christopher Murray Grieve è un tipo strano, tra il rivoluzionario e il profeta; i poeti lo conoscono come Hugh MacDiarmid, indossa quel nome dal 1922. In un busto scolpito nel bronzo, Hugh ha capelli che paiono un'aquila, occhi stretti come pugnali. Pare infrangibile. Hugh MacDiarmid a quell'epoca ha già pubblicato tanto tra cui un picaresco Inno a Lenin con genio da poligrafo esagitato. On a Raised Beach è un poema lo si sussurri qui, tra noi quattro più vasto, selvaggio, possente della Waste Land di T.S. Eliot, di cui riprende capovolgendoli toni e tensioni. Il poema ora di nuovo tra noi per la cura di Marco Fazzini in un'antologia che raccoglie i testi più importanti di Hugh MacDiarmid, Come una pietra instabile (Magog, pagg. 154, euro 18) , pare il libro Giobbe ripetuto dalle labbra di Melville. L'indole, visionaria, ipnotica, fonde il carisma da poema "geologico" alla "regola", il codice esistenziale. Estraggo alcuni versi, a vortice: "Dobbiamo essere umili. Siamo così facilmente vanificati dalle apparenze/ Che non ci accorgiamo che queste pietre sono un tutt'uno con le stelle"; "Sarà sempre più necessario trovare/ Nell'interesse di tutta l'umanità/ Uomini capaci di rifiutare tutto ciò che pensano tutti gli altri/ Uomini, come una pietra rimane/ Essenziale al mondo, inseparabile da quello,/ E rifiuta ogni altra forma di vita". È un poema che impone una ribellione: nel cuore nero dell'uomo e nel cosmo.
In sintesi, Hugh MacDiarmid è la leggenda della letteratura scozzese contemporanea. Giornalista di talento, ha scardinato la poesia di Scozia dalle pastoie inglesi. "L'uso dello scots che MacDiarmid propugnò sin dal 1922 intendeva svincolare questo vernacolo dall'oblio a cui era stato relegato. Ciò che diede forza ed efficacia alla così detta Rinascenza scozzese fu la mistura esplosiva di poetica ed azione politica portate all'eccesso, in definitiva, da un solo intellettuale: Hugh MacDiarmid", scrive Fazzini. A Drunk Man Looks at the Thistle, pubblicato nel 1926, è il punto di svolta della letteratura scots. Per MacDiarmid l'opzione estetica è eminentemente politica: nel 1928 è tra i fondatori del National Party of Scotland, da cui viene espulso; dagli anni Trenta s'impegna tra le fila del partito comunista inglese: irretito dalle vuote norme di partito, verrà cacciato anche da lì. Nel 1964 si presenta alle elezioni ottenendo la miseria di 127 voti. Alcuni gli danno del fascista; altri del luddista. George Orwell lo inserì in una lista, inviata all'MI5, di "persone di cui non bisogna fidarsi". Dylan Thomas, al contrario, lo adorava: "Ogni città dovrebbe spalancare le porte per ospitare Hugh MacDiarmid, quel grande poeta lirico, e ogni luce dovrebbe essere accesa alle finestre e qualcuno dovrebbe preparare per lui, sempre, un tavolo, un letto e del buon cibo".
Nella raccolta di saggi oxfordiani La riparazione della poesia Seamus Heaney dedica un testo a Hugh MacDiarmid, La fiaccolata di un singolo. "La posizione di MacDiarmid nella letteratura e cultura scozzese - scrive - è per molti aspetti analoga a quella di Yeats in Irlanda, e le ambizioni indipendentiste degli scrittori irlandesi furono sempre molto importanti per lui. Il suo ardimento linguistico fu ampiamente incoraggiato dall'esempio di Joyce, mentre Yeats e altri scrittori successivi alla rinascita irlandese continuarono a esercitare un ampio influsso sul suo programma di nazionalismo culturale". Gli aveva fatto visita nel 1977; MacDiarmid sarebbe morto l'anno dopo. Il cammeo che Heaney, Nobel per la letteratura nel 1995, dedica al rabbioso Omero di Scozia è mirabile: "Fu comunista e nazionalista, propagandista e plagiatore, bevitore e confusionario, e recitò tutte queste parti con straordinaria verve. Si fece dei nemici con la stessa passione con cui si fece degli amici. Fu stalinista e sciovinista, anglofobo e arrogante, ma la stessa tendenza all'eccesso che manifestava sempre, la qualità esorbitante che segnava tutto ciò che faceva, dava anche forza ai suoi successi e li rendeva duraturi". Gli dedicò anche una poesia, An Invocation. In Memoriam Hugh MacDiarmid.
Esaltava il poeta "pazzo di scrittura" che possiede "l'occhio ciclonico d'una poesia come le stagioni". In pochi altri poeti si percepisce così nitida, ferina, la prossimità all'elemento naturale. Questo è un poeta in cui rovinare.