"Assegnare i porti è un dovere". Le Ong alzano la voce contro il Viminale

Le Ong, evidentemente scontente dell'assegnazione dei porti di Salerno e Bari, lanciano nuovi e pretestuosi attacchi contro il governo Meloni

"Assegnare i porti è un dovere". Le Ong alzano la voce contro il Viminale

Tutte e tre le navi Ong che si trovavano nel Mediterraneo centrale la settimana scorsa hanno ottenuto i porti in Italia. La Louise Michel è stata assegnata a Lampedusa, la Geo Barents a Salerno e la Humanity 1 a Bari. Hanno sbarcato in Italia oltre 530 migranti ma il governo ha sottolineato che l'apertura dei porti non è da leggersi come un passo indietro da parte dell'esecutivo di Giorgia Meloni verso le Ong. Ora che sono arrivate nei porti e che hanno sbarcato i migranti le Ong sono tornate a dettare legge da un pulpito immaginario che hanno idealizzato a loro uso e consumo.

La posizione del Viminale

"Il Viminale ieri ha dato via libera all'approdo delle navi perché l'approssimarsi del maltempo e le condizioni del mare avrebbero a breve esposto le persone a bordo a rischi. Le ong, come già accaduto precedentemente, ne avrebbero tratto un pretesto per dichiarare lo stato di emergenza a bordo e avrebbero così fatto ingresso nei porti della Sicilia, i cui centri di accoglienza sono già congestionati di presenze", hanno fatto sapere fonti del ministero dell'Interno, spiegando così la scelta di non assegnare porti in Sicilia alle Ong.

Una decisione che non è evidentemente piaciuta agli equipaggi delle navi, che per giorni hanno premuto contro i confini orientali della Sicilia per ottenere lo sbarco. Il Viminale ha preso in contropiede le Ong, agendo d'anticipo e ottemperando ai suoi obblighi di assistenza, pur rimarcando la volontà di fermare il fenomeno, in quanto "alcune Ong finiscono per rappresentare, anche loro malgrado, un elemento chiave della filiera che ingrossa l'immigrazione irregolare in Italia. Chi entra in Italia spesso non fugge da situazioni di pericolo". Un esempio lampante sono i 33 migranti recuperati dalla Louise Michel, che sarebbero tutti provenienti dall'Egitto: "Ce ne dovremo far carico dal punto di vista dell'assistenza, pur non essendo tenuti a farlo e con gli scarsi risultati conseguiti sinora sul fronte della solidarietà europea".

La "guerra" di parole delle Ong

Si tratta di migranti economici per i quali la Costituzione non prevede alcun obbligo assistenziale, a dispetto di quanto pretendono le Ong che li portano in Italia e che continuano a battere su diritti che non sono tali. La terminologia delle Ong quando si tratta dei migranti che traggono a bordo è molto importante, perché le persone che vengono recuperate vengono definite "naufraghi". La qualifica di naufrago non appartiene a gran parte dei migranti, che vengono presi da barche sulle quali salgono volontariamente, consapevoli dei rischi di una navigazione a bordo di imbarcazioni instabili. Inoltre, come già rilevato, le Ong intervengono anche su barche non in immediato pericolo di affondamento, con ancora la propulsione attiva, quindi in grado di muoversi. Le persone a bordo di queste imbarcazioni non possono essere definite naufraghi e, quindi, non godono di alcun diritto, soprattutto quelle che non provengono da Paesi considerati in guerra o sotto persecuzione.

Le lamentele di Humanity 1

"Vogliamo ricordare alle autorità che assegnare dei porti sicuri per salvarsi non è un'azione gentile nei nostri confronti, ma un dovere delle autorità e un diritto delle persone perché secondo la legge le operazioni di salvataggio terminano solo quando tutti i passeggeri possono essere sbarcati in un porto sicuro", ha dichiarato il portavoce della Humanity 1 a Bari. È evidente, anche in questo caso, come la terminologia utilizzata sia orientata a inquadrare i migranti entro i paletti che regolamentano i salvataggi in mare.

Inoltre, sempre dalla Humanity 1 viene contestata la decisione del governo di assegnare Bari come porto di sbarco, perché ritenuto troppo lontano, spiegando che i migranti "prima di essere salvati sono stati in mare per circa un giorno lungo le coste della Libia". A questo si devono aggiungere gli ulteriori tre giorni trascorsi a bordo della Humanity 1 che faceva i "bastoni" davanti alle coste libiche in attesa di portare a bordo altre persone.

Quindi sono stati costretti dall'equipaggio a ulteriori tre giorni di navigazione nel Mediterraneo: se la nave fosse ripartita subito dopo aver portato a bordo i primi migranti, probabilmente non sarebbe nemmeno incorsa nel maltempo di queste ore. L'attesa su quella nave li ha costretti a trascorrere più giorni di quelli previsti in mare.

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