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La sinistra sbraita sugli accordi con la Libia. Ma furono siglati già dal Pd

L'ex ministro Graziano Delrio parla di "patto con il diavolo" a proposito dei nuovi accordi stipulati sabato dal governo Meloni. Ma è stato il Pd il primo a sottoscrivere un patto con Tripoli sull'immigrazione

La sinistra sbraita sugli accordi con la Libia. Ma furono siglati già dal Pd

Il Pd è contrario alla linea stabilita dal governo nei rapporti con la Libia. E fin qui nulla di eclatante. Prevedibile che dal più importante, in termini almeno numerici, partito dell'opposizione giungessero critiche alle mosse dell'esecutivo. Tuttavia qualcosa nella posizione del Pd non quadra in riferimento ai nuovi accordi sulla guardia costiera libica.

In un'intervista rilasciata a La Stampa, l'ex ministro delle infrastrutture (e nome di peso all'interno del partito) Graziano Delrio ha puntato il dito contro la nuova fornitura di motovedette alla guardia costiera di Tripoli. Il motivo è dato dalle ben note zone grigie in cui si è sempre mosso il corpo militare libico. C'è però un'incongruenza non da poco: i primi accordi con la guardia costiera libica sono stati siglati dal governo Gentiloni, un esecutivo cioè a chiaro “marchio” Pd.

Le dichiarazioni di Delrio

A onor del vero, l'ex ministro dem non ha nascosto il problema sotto un tappeto. Ha fatto riferimento lui stesso a quegli accordi. Intese di non poco conto, tra cui spicca il memorandum sottoscritto nel novembre 2017 tra Roma e Tripoli. L'Italia, a guida Gentiloni e con al Viminale Marco Minniti, si è impegnata in quell'occasione a girare soldi e mezzi alla Libia. In cambio, i libici avrebbero pattugliato in modo meno superficiale le coste.

Alcuni mesi dopo, in un reportage di Reuters è emerso il forte sospetto che parte dei soldi in realtà era stata girata, da parte di Tripoli, direttamente alle milizie tra i cui membri spiccavano possibili trafficanti.

Emblematica in tal senso la scoperta, avvenuta nel 2019, di un vertice al Cara di Mineo tra italiani e libici in cui era presente anche Bija. Un nome che è apparso negli anni sia all'interno di alcune inchieste internazionali sul traffico di esseri umani e sia all'interno degli effettivi della marina libica.

Delrio non ha fatto mistero di queste profonde incongruenze. Nell'intervista al quotidiano torinese, ha parlato di “patto con il diavolo” con riferimento agli ultimi accordi conclusi tra il presidente del consiglio Giorgia Meloni e l'attuale premier libico, Abdul Hamid Ddeibah. A Tripoli sabato sono state messe le firme su documenti in cui l'Italia si è impegnata a girare altri mezzi alla Libia.

L'ex ministro ha sottolineato di non essere mai stato pienamente d'accordo con quel memorandum del 2017. “Alla fine di quell’esperienza – ha dichiarato – sono cominciati i sospetti e le accuse alle Ong. Un’analisi sbagliata, che negli anni successivi è divenuta criminalizzazione da parte del Conte I e della destra”.

Io e molti altri, all’interno del Pd – ha proseguito Delrio – abbiamo chiesto più volte di cancellare o rivedere quel memorandum. Poi ci sono state difficoltà oggettive a rinegoziarlo, visto che è cominciata la crisi del governo libico ed è complicato trattare con un partner delegittimato e sotto guerra civile”.

Due pesi, due misure

In poche parole, per Delrio il Pd ha sbagliato all'epoca. Ma nelle sue frasi è apparsa anche una sorta di giustificazione delle mosse fatte da Gentiloni e Minniti. “Mi tocca fare il difensore di una cosa di cui non ero entusiasta – ha proseguito l'ex ministro – Ma va detto che le condizioni, al momento della firma del primo memorandum, erano diverse. Innanzitutto, c’era una vera emergenza sui flussi migratori, non l’attuale propaganda sui numeri. Poi in Libia stava nascendo un governo, dovevano formare la guardia costiera, assisterli era legittimo e necessario. Non potevamo sapere che l’avrebbero messa in mano ai trafficanti”.

E qui ci sono almeno due cose che non quadrano nelle dichiarazioni. In primis, i numeri di oggi sono tornati a essere non così distanti dai livelli del biennio 2016-2017. Nell'anno da poco andato via, per la prima volta da cinque anni a questa parte si è sforata quota centomila nel numero complessivo delle persone sbarcate irregolarmente.

In particolare, si è arrivati a 105.129 migranti approdati mentre nel 2017 la stessa cifra è stata nell'ordine di 119.369. Una differenza poi non così marcata e che denota come anche adesso l'Italia deve affrontare un'emergenza.

In secondo luogo, risulta difficile credere che al momento della firma del memorandum il governo Gentiloni non fosse a conoscenza delle condizioni in cui avrebbe poi operato la guardia costiera libica. A Tripoli non esiste un governo unitario dalla caduta di Gheddafi avvenuta nel 2011, nel 2017 il territorio della Tripolitania era già (come oggi) ampiamente in mano alle milizie locali e non esisteva alcuna forma nemmeno embrionale di guardia costiera. Lecito quindi aspettarsi che i membri del nuovo corpo militare sarebbero stati miliziani con una divisa addosso.

La verità è che da allora sono passati quattro governi e la linea è stata sempre la stessa: pur di fermare gli sbarchi, si fanno accordi coi libici. Una linea inaugurata da Gentiloni, il quale non ha firmato un semplice accordo ma ha messo in piedi un memorandum, un'intesa cioè che vale nel tempo ed è difficile cambiare anche se cambia il colore della maggioranza.

Sono noti a tutti, a destra come a sinistra, i gravi problemi relativi alla

guardia costiera libica. Sembra quasi però, seguendo le parole di Delrio, che se a sottoscrivere determinati accordi è la sua parte politica, tutto è ben giustificabile. Diversamente invece, si parla di patto con il diavolo.

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