Il governo di Giorgia Meloni è in carica da oltre 3 anni e, nonostante i tentativi di discredito, non solo continua a lavorare in modo coeso ma, addirittura, ha guadagnato consensi dalla sua elezione. Un fenomeno più unico che raro nella politica italiana, dove solitamente i partiti di governo perdono consensi, non li guadagnano, e questo sembra dar particolarmente fastidio a chi al governo c'è stato prima di Fratelli d'Italia, come il Movimento 5 Stelle, che da anni vive un'inesorabile emorragia di elettori. L'ultima mossa per tentare di screditare il governo Meloni è arrivata da Alessandra Maiorino, vicecapogruppo del M5s al Senato, a margine dell'evento "Unite" organizzato a Roma dal Movimento organizzato a Roma dal Movimento 5 Stelle.
A detta della senatrice, infatti, "Giorgia Meloni poteva dire sì al salario minimo, così avrebbe aumentato gli stipendi del 25% delle lavoratrici. Invece ha alzato quelli dei ministri, dei sottosegretari e di Brunetta. Doveva abbassare le tasse e invece ha aumentato persino l'iva sui pannolini e detto no al congedo paterno paritario. La verità è che Giorgia Meloni è una donna, ma alle donne non ci ha mai pensato". Si tratta di una costruzione narrativa utile al M5s per cercare di risalire la china e conquistare un miglior posto nell'opposizione, magari guadagnando la leadership dell'ipotetico campo largo, ma non aderente alla verità dei fatti, partendo da fatto che Renato Brunetta ha comunicato già nei giorni scorsi l'annullamento "con effetto immediato la decisione assunta in Ufficio di Presidenza, relativa al recepimento".
Al di là di questa nota a margine, l'onorevole Maiorino ha probabilmente dimenticato che il 20% della Legge di bilancio è destinata alle famiglie con misure concrete per il sostegno. Tra le misure più importanti c'è la "decontribuzione" introdotta dalla Legge di Bilancio 2024, un esonero contributivo totale fino a un massimo di 3mila euro annui, a favore delle madri lavoratrici dipendenti. Anche l'assegno unico universale, per esempio, è aumentato sotto Meloni, con un costo annuo per lo Stato pari a circa 570 milioni. Ci sono state poi le misure relative alla revisione dell’Isee, che esclude la prima casa e ha conseguenze per l'8,6% delle famiglie residenti nel Paese.
Senza proseguire con l'elenco delle misure fiscali e di reddito dedicate alle donne e alle donne lavoratrici, questo governo ha concretamente lavorato sulla violenza di genere rafforzando il codice rosso che introduce nuove misure cautelari e preventive, aumentando il finanziamento per i centri antiviolenza e per i percorsi di protezione e introducendo, tra le altre cose, sgravi contributivi per i datori di lavoro che assumono donne vittime di violenza inserite in percorsi di protezione certificati.