Si è avvalso inizialmente della facoltà di non rispondere Mohammad Hannoun, l’architetto palestinese arrestato con l’accusa di essere membro e finanziatore di Hamas. L’interrogatorio di garanzia si è svolto questa mattina nel carcere di Marassi, davanti alla giudice per le indagini preliminari Silvia Carpanini. L’udienza è iniziata alle 9. Hannoun, assistito dagli avvocati Emanuele Tambuscio e Fabio Sommovigo, non ha risposto alle domande del giudice. Una scelta così motivata dai legali: "Gli abbiamo consigliato noi di avvalersi della facoltà di non rispondere perché non ha avuto modo ancora di leggere gli atti".
Nel corso dell’udienza, durata complessivamente circa mezz’ora, Hannoun ha però rilasciato dichiarazioni spontanee. Secondo quanto riferito dai legali, l’indagato ha rivendicato la propria attività di raccolta fondi "per iniziative precise di beneficenza a favore del popolo palestinese in tutte le sedi, cioè Gaza, la Cisgiordania e i campi profughi". Attività che avrebbe iniziato "negli anni Novanta".
L'architetto palestinese, poi, "ha negato di aver finanziato direttamente o indirettamente Hamas" e ha fornito spiegazioni "come funzionava la raccolta fondi e la loro distribuzione prima e dopo il 2023 con i grandi cambiamenti che ovviamente ci sono stati dopo il 7 ottobre".
Per il momento Hannoun resta in carcere. "Il provvedimento è già eseguito", hanno precisato gli avvocati, che valuteranno nei prossimi giorni se presentare un’istanza di attenuazione della misura cautelare o se ricorrere al tribunale del Riesame.
L’architetto palestinese, accusato di essere al vertice della presunta cellula italiana dell’organizzazione islamista, ha inoltre appreso del
presidio di solidarietà svoltosi nella serata di ieri sotto il carcere di Marassi. "Ce lo ha detto — hanno concluso i legali — ha detto che lo ha visto alla tv e ci è apparso confortato, anche se è una persona molto posata".