L'investigatore: «Fermato mentre interrogavo Alberto: che errore»

L'interrogatorio era a una svolta, il maresciallo aveva messo Alberto Stasi di fronte a una clamorosa contraddizione, lui si era impappinato e non riusciva a rispondere. In quel momento entrò il capitano che volle porre personalmente le domande. E nel contempo fece incontrare il giovane con i genitori. «Mai consentire al sospettato di incontrare qualcuno, è la prima regola in un'indagine. Ma il secondo errore fu di non fargli spiegare quella contraddizione. Avrebbe potuto essere inchiodato, ma scagionato».
Francesco Marchetto, ora un tranquillo «pensionato», nell'agosto del 2007 comandava la stazione dei carabinieri di Garlasco, dove finì Stasi, subito dopo aver trovato il corpo della fidanzata massacrata. Stava interrogando il ragazzo quando venne interrotto dal comandante della compagnia di Vigevano. Tra due poi scoppiò anche una guerra giudiziaria, con denunce e controdenunce, archiviate poi dalla magistratura.
Marchetto allora, come andò quella sera: stava veramente facendo crollare Stasi?
«Non è corretto porla in questi termini. Il ragazzo aveva dichiarato di aver trovato la ragazza morta e quando gli chiesi di descriverla, disse che aveva il volto “pulito”. Gli mostrai le foto scattate, Chiara Poggi era una maschera di sangue, irriconoscibile».
E lui che fece?
«Rimase in silenzio, lo stavo incalzando affinché spiegasse la contraddizione quando entrò il mio capitano, Gennaro Cassese, che interruppe l'interrogatorio e fece incontrare Alberto con i genitori, consentendogli così di riprendere il controllo di se. E ma in seguito non gli venne più chiesto di chiarire questo particolare».
Quindi stava confessando?
«Non dico questo. Forse si, forse era stato lui e l'avrebbe ammesso. Forse avrebbe potuto chiarire tutto e uscire dall'indagine completamente scagionato. Questo purtroppo non lo sapremo mai».
Significa che dopo averlo messo sotto torchio anche in maniera piuttosto dura ora lei non è convinto della sua colpevolezza?
«Io stavo svolgendo un'indagine per omicidio e quindi cercando “il” colpevole, non “un” colpevole. C'erano forti indizi su Stasi ma c'erano anche altre piste che non sono mai state battute. Mi risulta, ma solo perché l'ho letto sui giornali dato che ora sono in pensione, che un testimone avrebbe visto una persona diversa da Alberto allontanarsi da casa Poggi».
E poi cosa successe?
«Io denuncia il capitano per il suo comportamento, lui denunciò me per calunnia. Entrambe le inchieste sono state archiviate».
Quindi non sapremmo mai chi ha sbagliato.

Ma lei sembra ora convinto che l'inchiesta sia stata poi condotta male
«Molto male e non sapremo mai se Stasi è colpevole. E se invece è innocente chi abbia davvero ucciso la povera Chiara. Su questo non ho dubbi».

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