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Il prof bacchetta i gretini: "Un dialogo surreale"

Una lotta appaltata alla fetta di popolazione meno adatta e condita da una narrazione grottesca. Come si può affrontare la questione in maniera assennata?

Il prof bacchetta i gretini: "Un dialogo surreale"

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Prima di dare adito a commenti come “negazionista” o “reazionario” partiamo dal presupposto che il cambiamento climatico in quanto tale non solo esiste, ma è un argomento estremamente serio. È la battaglia così costruita che non lo è.

Perché questa spaccatura tra il fatto e la lotta che vi si siede sopra? Da dove arriva questa asimmetria? Il punto è guardare a chi è stata relegata e delegata la questione ecologica ovvero adolescenti e studenti delle scuole superiori.

Uno scontro ideologico e movimentista che non tiene conto della realtà

Gli alfieri della battaglia ecologica sono la parte demograficamente meno rilevante del paese (circa 4 milioni di persone), senza peso politico, senza potere economico e, vista la giovane età, più incline a cambiare idee e prospettive. Per provare a capire meglio abbiamo raggiunto al telefono il professor Lorenzo Castellani, professore di Storia delle Istituzioni Politiche alla Luiss: “I giovani vivono la crisi climatica come se fosse una battaglia ideale da impostare in maniera militante e movimentista. Un metodo riduttivo rispetto alla complessità e le problematiche della vita reale. Una vita reale che passa dalla necessità di tenere aperti i processi produttivi, dalla possibilità di potersi spostare in maniera efficiente e non solo sostenibile, fino a una difficoltà oggettiva nell’implementare processi di elettrificazione in Italia vista la sua conformazione fisica."

Una narrazione grottesca e catastrofista

Accanto a tutto questo la narrazione climatica portata avanti dai più giovani (insigniti dagli adulti di tale onore) sconta un problema fondamentale di credibilità: il catastrofismo dei toni. Il Professore continua: "Una fazione degli ecologisti, soprattutto i più giovani, si è messa in testa che la transizione sia un viatico per imporre una rivoluzione statalista, rischioso per un paese a trazione industriale come l’Italia. Il cambiamento non si realizza con slogan da tragedia greca e chiedendo di trasformare la nostra vita in maniera radicale. Viviamo un dibattito surreale e polarizzante incentrato sulla fine del mondo".

Frasi ad effetto, esagerate, una narrazione iperbolica propria dell'adoloscenza. I toni apocalittici rendono il tutto non solo poco credibile ma anche poco attuabile, se davvero siamo già tutti dell’abisso perché dovremmo unirci alla battaglia e occuparcene?

I fridays for future? Una protesta velleitaria

L’unico risvolto pratico finora raggiunto sono i Fridays for future, un movimento studentesco dove la richiesta di un cambiamento si sostanzia nel non recarsi a scuola il venerdì. Una protesta che rimane ben lontana da quello che è il paese reale continua Castellani: "il dibattito è relegato ai social, i giornali e gli scioperi studenteschi ma appena si esce da questi ambiti il tema non solo non è sentito ma non è neanche compreso dalle persone. L'Italia non è la ZTL di Roma e Milano, se si gira nelle campagne e piccole città Il massimo che vedo sono persone contente di essersi rifatte la casa con il bonus 110% e se imponi loro di cambiare la macchina con un'altra iper costosa entro tot tempo mi sembra chiaro che non si sensibilizza, anzi, si ottiene l'effetto opposto".

Proviamo dunque ricapitolare: non solo si trasmette un messaggio catastrofista e non fruibile a tutti, ma si chiede una inversione di rotta protestando nei centri delle metropoli boicottando la scuola. La cosa se non assume contorni ridicoli e per lo meno velleitaria.

"La transizione si fa con le aziende e non contro"

Come uscirne dunque? Come possiamo trasformare la battaglia sul cambiamento climatico più seriamente? Come possiamo affrontare la questione, ringraziando gli adolescenti per il lavoro svolto fin qui, e portarla ad un altro livello di complessità e analisi?

Secondo il docente della Luiss questo cambiamento "si può ottenere coinvolgendo le grandi aziende che si occupano di energia, trasporti e processi di elettrificazione. Raul Gardini diceva che la transizione ecologica la fai con le aziende non contro le aziende."

E nel mondo c'è giù chi sta perseguendo questa filosofia continua Castellani: "guardiamo all’America, si è impostato un processo di market design, la legislazione Biden non propone tasse sulle aziende chi inquinano ma crea incentivi per quelle che decidono di investire nel green. Una sinergia che avvia un processo virtuoso rispetto a un approccio che vuole imporre restrizioni e chiusure per chi non rispetta i nuovi diktat dell'ecologia"

In Europa a che punto siamo?

Se guardiamo all'Europa infatti:"viene portato avanti un ambientalismo nostrano, statalista, assolutista e di stampo giacobino. Le politiche Europee si basano sulle piste ciclabili e piantare più alberi, gli Americani hanno capito che leggi che affossano le industrie non solo sono dannose ma non portano all’effetto sperato.

" Conclude Castellani: "La rivoluzione non la si fa spaccando ciò che c’è ma ridisegnando il mercato senza suicidarsi.”

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