
La gioielleria è ancora lì, a due passi dal teatro Carcano, nel centro di Milano. Ma per lui è solo una spina nel cuore. «Per molti anni quando percorrevo corso di Porta Romana, e mi capitava quasi tutti i giorni, osservavo le persone e mi interrogavo: Quello sarà l'assassino di papà Una domanda troppo grande che l'avvocato Marco De Bellis principe del foro ambrosiano, sente riaffiorare dentro di sé da mezzo secolo.
«Non ne facevo cenno con nessuno, solo silenzio e tanto dolore. Ma adesso, adesso che ho passato i sessant'anni, ho deciso di raccontare per la prima volta questa storia terribile che ha sconvolto la mia vita e quella della mia famiglia. Invecchiando, la paura, quasi la vergogna, lascia il posto ad altri sentimenti e non hai più il blocco nella voce. Ho letto che qualcosa di simile, fatti i debiti paragoni, è capitato alle vittime dei lager nazisti. Io ho deciso di parlare, a maggior ragione ora che tutto è finito nel peggiore dei modi, con un'atroce beffa».
È il 4 aprile 1973. Un'altra Milano, dominata dai sequestri di persona e dal terrorismo. «Ero a casa con mia mamma e mio fratello Maurizio. Ci telefonarono: Correte in ospedale, hanno sparato a papà». Erano in quattro, anche se uno a quanto pare era rimasto come palo in macchina, una Mini. «Entrarono all'orario di chiusura, le otto di sera, dal retrobottega, sorpresero mio padre, lo picchiarono selvaggiamente
con il lucchetto con cui stava chiudendo la porta e cercarono di portare via ori e preziosi. La gioielleria andava bene e papà si era appena ripreso da un furto avvenuto l'anno prima. Fu forse per questo che decise di ribellarsi: all'improvviso strappò la calza ad uno dei banditi che gli sparò. In ospedale, ormai moribondo, ci disse: Gli ho tirato via la calza e gli ho gridato: Ti ho riconosciuto delinquente».
Il nome però De Bellis non riuscì a svelarlo e dopo dieci giorni di agonia si spense. Un proiettile l'aveva preso in faccia e il destino era segnato. Gaetano De Bellis aveva 48 anni. I giornali scrissero che gli investigatori erano ormai sulle tracce dei killer: era solo un problema di giorni. In effetti furono indagati alcuni criminali, legati all'ultra destra milanese, uno fu addirittura fermato. Il caso sembrava sul punto di essere risolto. Ma era solo un'illusione. Le prove non saltarono fuori e alla fine i sospettati furono prosciolti. Senza nemmeno essere processati.
«Ci ritrovammo soli. Sempre più soli. E, spiace dirlo, anche un po' abbandonati. La mamma, che era un'ostetrica, dall'oggi al domani si rimise a lavorare. E in questo modo permise a me e a mio fratello di proseguire gli studi. Avevo 15 anni e quando uscivo di casa studiavo le facce sui marciapiedi di Porta Romana, col timore di trovarmi davanti a chi ci aveva portato via la serenità e l'agiatezza».
Nessun risarcimento. Nessun aiuto. Niente di niente. La gioielleria fu venduta ed è ancora lì, in corso di Porta Romana.«All'università mi iscrissi a legge e mandai in tribunale a recuperare le carte relative alla vicenda. Lessi tutto quello che c'era e scovai anche alcune foto che avrei fatto meglio a non vedere e che mi ferirono».
La vita va avanti e De Bellis diventa un avvocato del lavoro, uno de più affermati nella metropoli, con un importante portafoglio di clienti. «Sono passati decenni, mia mamma non c'è più, io e mio fratello Maurizio, allora tredicenne e oggi agente immobiliare, ci siamo aggiustati. Un giorno ho pensato: Se papà ha strappato la calza al rapinatore, su quella calza ci saranno magari capelli e reperti interessanti che con le nuove tecniche sul Dna possono essere esaminati».
Chissà. Il profilo di quei banditi impuniti sembrava finalmente a portata di mano. «Sono andato da un mio caro e bravissimo compagno di università, Claudio Gittardi che, a differenza mia aveva fatto il magistrato e gli ho chiesto aiuto. Lui mi ha ascoltato e mi ha promesso un interessamento. Ho passato giorni di ansia e di speranza in attesa della risposta.
Poi mi ha chiamato imbarazzato e mi ha spiegato che a distanza di tanti anni avevano buttato via tutto e non c'era più nulla da fare». Gli assassini restano senza nome anche se a quei nomi forse oggi si potrebbe risalire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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