Referendum, flop del quorum: superato soltanto una volta negli ultimi 30 anni

Oggi è arrivata la conferma del trend negativo anche sulle proposte del lavoro e cittadinanza. Dall'estate 1995 a oggi sono state bocciate nove tornate referendarie su dieci, per un totale di 35 quesiti falliti su 39

Referendum, flop del quorum: superato soltanto una volta negli ultimi 30 anni
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Con quest'ultima tornata referendaria il dato sul mancato raggiungimento del quorum si aggiorna in maniera negativa nel nostro Paese: negli ultimi trent'anni, infatti, solamente in un'occasione la maggioranza dei cittadini italiani aventi diritto di voto si è recata alle urne per esprimersi su un qualsiasi referendum abrogativo con lo scopo di rendere valida l'intera operazione di democrazia diretta. Con l'appuntamento tenuto tra ieri e oggi sulle proposte riguardanti le leggi sul lavoro e quella sulla cittadinanza - e con la partecipazione degli elettori che ha superato a malapena il 30% della popolazione adulta che può esercitare i propri diritti politici - diventano ben nove su dieci le occasioni che hanno visto fallire l'esito di questo tipo di consultazioni dall'estate 1995, con 35 quesiti su 39 che sono stati bocciati dalla popolazione.

È necessario, infatti, risalire all'11 giugno di tre decenni esatti fa per fare partire simbolicamente la lunghissima serie negativa che ha riguardato l'utilizzo del referendum abrogativo, il cui funzionamento è sempre stato regolato dall'articolo 75 della Costituzione. Se fino ad allora si è sempre dato ampiamente per scontata l'adesione di almeno il 50% + 1 del corpo elettorale, da quel momento in poi si è verificato il fenomeno esattamente opposto. A metà degli anni Novanta i cittadini vennero chiamati a esprimersi su ben 12 quesiti, di qui quattro riguardanti la televisione: per tutti questi il quorum superò il 57%, confermando un trend che dal 1974 (lo storico referendum sul divorzio, con ben l'87% di partecipazione) fino a tutti i successivi vent'anni aveva sempre visto la maggioranza assoluta degli italiani presentarsi ai seggi elettorali, eccezion fatta per la tornata del 1990. Subito dopo quell'appuntamento del 1995, si è consumata invece una sostanziale debacle attorno al "numero legale".

Dieci appuntamenti, nove fallimenti del quorum. Si parte dal 15 aprile 1997: furono sette i quesiti posti in votazione (tra cui abolizione dell'Ordine dei giornalisti e del ministero dell'Agricoltura), stra-vincono i sì, ma la partecipazione alle urne si attestò al 30%. Tornata referendaria invalidata anche il 18 aprile 1999 e, in quel caso, il fallimento del quorum fu decisamente più "amaro" perché il dato finale relativo alla scelta sull'abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera dei deputati raggiunse il 49,6%: mancarono circa 150mila voti mancanti per superare il 50%. Lo stesso identico quesito venne riproposto il 21 maggio 2000 insieme ad altri sei interrogativi (separazione delle carriere dei magistrati e abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, in primis) ma nemmeno un italiano su tre decise di andare a votare (32,2%).

Peggio andò il 15 giugno 2003 sulla proposta di estendere a tutti i lavoratori il diritto al reintegro nel posto di lavoro per i dipendenti licenziati senza giusta causa: 25,5%. La stessa cifra percentuale venne catturata due anni dopo - il 12 e il 13 giugno 2005 - dai quattro referendum sulla procreazione medicalmente assistita. Di temi inerenti alla legge elettorale si tornò a discutere il 21 e 22 giugno 2009 con la richiesta di abolire l'assegnazione del premio di maggioranza alla coalizione di liste più votata: altra valanga di sì, come già capitato in precedenza, ma quorum lontanissimo: 23,5%. Si deve arrivare all'appuntamento ai seggi del 12 e 13 giugno 2011 per assistere alla "mosca bianca" dei referendum abrogativi in Italia degli ultimi trent'anni: l'incidente di Fukushima avvenuto tre mesi prima contribuì a far ottenere un'elevata partecipazione (54,8%) al quesito che aboliva le norme sulla produzione nel territorio nazionale di energia nucleare, trascinando con sè agli altri tre su acqua pubblica e legittimo impedimento.

Dal punto di vista cronologico la tornata referendaria di quattordici anni fa resta l'ultima nella quale si è riusciti a convincere più di metà della popolazione avente diritto di voto di andare a votare per esprimersi sul sì o sul no a un'abrogazione totale o parziale di una legge dello Stato. Nelle due successive circostanze, infatti, è andata decisamente molto peggio. Il 17 aprile 2016 l'abrogazione della proroga delle concessioni già in essere per l'estrazione di idrocarburi in zone di mare (entro le 12 miglia marine) ottenne l'interessamento del solo 30,2% dei cittadini; mentre il 12 giugno 2022 le cinque schede relative ai temi sulla giustizia (abolizione della legge Severino e introduzione della separazione tra pubblico ministero e giudice) vennero ritirate solamente dal 20,4% degli elettori.

Fino ad arrivare alla giornata odierna, con il fallimento sulle proposte contro il Jobs Act e la legge sulla cittadinanza. Per uno strumento che, forse, andrebbe ripensato: aumentando il numero delle firme necessarie e/o cancellando o riducendo l'asticella del quorum.

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