
«L’odio antisemita ha raggiunto livelli preoccupanti. Anche per questo trovo inaccettabile la narrazione solo in chiave anti-Israele che ormai è dilagante». Alberto Belli Paci si definisce «un liberaldemocratico, che crede nel dialogo ed è impegnato a costruire ponti», «tra nemici». A lungo export-manager, 72 anni, ha lavorato soprattutto con l’Asia.
È il primogenito della senatrice a vita Liliana Segre e da molti anni è impegnato nel progetto di Rondine, la cittadella della pace di Arezzo visitata anche dal presidente Sergio Mattarella. Ora Belli Paci ha aderito a Forza Italia.
Belli Paci, cos’è per lei la pace oggi. Cosa significa?
«Credo molto nel messaggio che mia madre ha portato avanti per tutta la vita. E con questo spirito credo molto anche nel lavoro che si fa a Rondine, dove “giovani nemici” imparano insieme a gestire i conflitti, analizzandoli da vari punti di vista. Questi “nemici”, ragazzi provenienti da Paesi in guerra, qui vivono uno accanto all’altro, destinati poi a tornare nel loro mondo promuovendo il dialogo.
Diventano così “artigiani di pace”. Anche in virtù di questa esperienza trovo inaccettabile la narrazione mediatica che in questi giorni dilaga su Israele con i suoi frutti avvelenati: i cartelli antisemiti o antisionisti, e quant’altro».
Cosa intende?
«Sono figlio di una persona che ha passato una vita a promuovere la pace, con grande dignità, e a combattere i discorsi d’odio e l’antisemitismo. Con angoscia assisto dunque a una distorsione dei fatti e a un racconto a senso unico, sempre con un solo colpevole. Guardo sbigottito a un continuo martellamento contro gli israeliani, dipinti come uno Stato di assassini, per le scelte o le colpe di un governo che non necessariamente sono condivise da tutti. Trovo grave che lo Stato di Israele sia dipinto come unico colpevole dei mali del mondo, col risultato che, a cascata, anche gli ebrei vengono considerati tali per definizione. Non dimentichiamo che buona parte della popolazione di Israele è figlia di persone che hanno subito la tragedia della Shoah. È doloroso che si ribalti la storia». Come vede la crisi umanitaria di Gaza? «Personalmente condanno la guerra di Gaza, ritengo inammissibile che non sia stata trovata una soluzione negoziale, peraltro una via d’uscita finora si è scontrata col rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi. Mentre è stato dichiarato in diverse occasioni che la guerra si sarebbe interrotta in caso di rilascio. Deploro quanto sta accadendo ma altrettanto fermamente vorrei che venisse dichiarato che gli avversari lì sono due, non solo uno, sempre lo stesso». Si riferisce alla «narrazione» mediatica e politica. «Vorrei che i media raccontassero i fatti citando le fonti, vorrei che dicessero per esempio che le basi di lancio di missili di Hamas sono intenzionalmente posizionate sotto scuole e ospedali, con profondo disprezzo per la vita dei palestinesi, usati come scudi umani. Sono allineato con il messaggio di pace di mia madre, che da sempre predica il rifiuto della violenza e dell’odio da qualunque parte provenga, salvaguardando il diritto di ogni persona a vivere in pace rifiutando la violenza e la sopraffazione, ma nel rispetto della storia e della verità dei fatti, non su interpretazioni di parte spesso manipolate per creare audience».
Avverte un clima ostile?
«Mi sembra di tornare alla narrazione distorta dei fatti di Sabra e Chatila, quando fu data la colpa della strage a Israele, mentre i fatti dimostrano che fu una faida tra fazioni diverse a condurre alla strage.
L’esercito israeliano non intervenne per sedare lo scontro tra queste fazioni».
Oggi sente lo stesso clima?
«Guardando la tv, leggendo e ascoltando le dichiarazioni di personaggi famosi, resto impressionato dal fatto che nella narrazione di questa guerra la responsabilità sia sempre attribuita solo a Israele. Non ci si pone nemmeno la domanda: ma sarà andata davvero così, e perché? Non dimentichiamo che pare siano stati costruiti 640 chilometri di cunicoli, con denari inviati per aiutare la popolazione e di cui non mi pare che la popolazione benefici. E tutto ciò pare sia avvenuto spesso con la complicità di chi avrebbe dovuto vigilare».
Questo racconto unilaterale è assecondato dalla sinistra in particolare.
«La sinistra mi pare tutta schierata dietro la bandiera palestinese e adopera questo spauracchio di Israele per compattarsi, a scapito della coerenza. Anche in occasione della guerra contro le basi nucleari iraniane lo ha fatto, dimenticando quanto quel regime teocratico sia contrario ai diritti delle donne e degli omosessuali, diritti per cui la sinistra sostiene di battersi».
E il centrodestra?
«Mi pare schierato su tutt’altre posizioni, che condivido. Io ho collaborato con Stefano Parisi a “Energia per l’Italia”, poi con amici libdem per un Terzo polo.
La mia vocazione al dialogo mi porta a contribuire alla costruzione di un centrodestra liberale, mi riconosco nella fermezza e nei toni di Tajani, e oggi mi trovo nella segreteria di Forza Italia Milano anche per collaborare in vista delle amministrative di Milano 2027».