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Tutte le balle della sinistra sull’Msi

I dem si infuriano per i post di Rauti e La Russa. Ma dimenticano che l'Msi abbandonò il fascismo e fu sempre un partito democratico

Tutte le balle della sinistra sull’Msi

È bastato un post sui social di Isabella Rauti per far impazzire la sinistra: “Oggi voglio ricordare il 26 dicembre di 76 anni fa quando, a Roma, nasceva il Movimento Sociale Italiano (M.S.I.). Onore ai fondatori ed ai militanti missini”. Subito è arrivata la replica di Federico Fornaro, dall’ufficio di presidenza alla Camera del Pd: “Si è già dimenticata di aver giurato qualche settimana fa sulla Costituzione”. Poi è arrivata la volta di Filippo Sensi, sempre dei dem: “Mi fa vergogna come italiano una esponente del governo che rivendica le radici del Msi. Mi fa sanguinare pensare che sia in Parlamento al posto di Lele Fiano. Mi fa stare sveglio la notte che sia questa la classe dirigente di questo Paese". Finita qui? Non proprio. Qualche ora dopo, anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha fatto un post per ricordare sia il padre sia la nascita del partito di destra: "Fu fra i fondatori del Movimento sociale italiano in Sicilia e scelse il Msi per tutta la vita, la via della partecipazione libera e democratica in difesa delle sue idee rispettose della Costituzione italiana”. Apriti cielo. Emanuele Fiano è corso subito a scrivere sui social: “Signori, in questi giorni l'esaltazione dell'Msi, partito fondato dai fascisti reduci di Salò, come Almirante e Romualdi, è ormai ai massimi livelli, qui la seconda carica dello Stato. Del quale ovviamente rispetto il ricordo del padre, ma non l'esaltazione dell'Msi. Un partito che sotto la guida di De Marsanich negli anni 50' sosteneva che rispetto al fascismo bisognava 'Non rinnegare, non restaurare”. E ancora: “Hai capito? Per l’Msi il fascismo, quello dell’omicidio Matteotti, del Tribunate Speciale, della chiusura dei partiti, dei sindacati, dell’annullamento del Parlamento, dell’istituzione della censura, delle torture, delle violenze, delle leggi razziali, della servile alleanza con bastardi criminali nazisti semplicemente non andava rinnegato. Poi per cara grazia non andava restaurato. E oggi viene esaltato da esponenti del governo e dalla seconda carica dello Stato. Che si prende la rivincita di una vita”. Immancabile, Laura Boldrini che ha chiesto le dimissioni di La Russa in quanto avrebbe mortificato la Costituzione antifascista.

Ora è storia il fatto che l’Msi venne fondato da alcuni reduci della Repubblica sociale italiana (anche se poi al suo interno confluirono pure membri della Costituente). Ma è altrettanto vero che le differenze tra il partito fondato il 26 dicembre del 1946 e quello ideato da Benito Mussolini sono molte e non di poco conto.

Il fascismo è sempre stato anti americano, mentre l’Msi, pur avendo al suo interno frange molto diverse e alcune di sinistra (quella che faceva capo a Rauti, per esempio) è sempre stato filo Nato. Tanto che nel 1970 Giorgio Almirante poteva liberamente affermare che il partito era filo occidentale e che qualsiasi altra posizione, anche di terza via tra Stati Uniti e Unione sovietica, non era né concepibile né praticabile all’interno dell'Msi. Non solo: il fascismo promulgò le leggi razziali contro gli ebrei e più volte sostenne il mondo arabo (vedi la celebre immagine che ritrae Mussolini mentre impugna la spada dell’islam e l’idea del Duce, rispedita al mittente dal Vaticano, di far costruire una moschea a Roma). L’Msi invece, a livello istituzionale, guardava con simpatia a Gerusalemme: “Israele si espande perché è la Storia dell'Uomo che lo chiama a compiere quell'opera di civiltà e di guerra che altri popoli, altre nazioni (…) rifiutano di compiere. Israele è anche il nostro futuro”, si legge sulle riviste giovanili del partito.

E ancora: il fascismo non accettò mai le regole democratiche. Prima si impose con la Marcia su Roma e poi, dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti, con la dittatura. L’Msi, invece, seppe sedere sugli scranni del Parlamento per decenni passando ogni volta democraticamente dal voto.

Nel corso del tempo, inoltre, l’Msi si allontanò, sia per motivi anagrafici dei dirigenti sia per convinzioni ideologiche, dal fascismo. Nel 1987, un anno prima della morte, Giovanni Minoli intervistò Almirante, chiedendogli conto del rapporto col Ventennio. Il segretario dell’Msi rispose: “La mia formula è non rinnegare, non restaurare. Quindi io non rinnego nulla del mio passato, il che non vuol dire che io ripeterei il mio passato in tutto e per tutto. Non rifarei quello che potevo fare in regime fascista: obbligare gli altri a indossare una certa divisa e negare la possibilità di critica”.

Certamente all’interno dell’Msi ci furono frange violente. Frange che però non possono essere paragonate a quelle che agirono sotto il fascismo. E non bisogna nemmeno dimenticare che fu Almirante, durante gli Anni di piombo, a chiedere addirittura la pena capitale per i terroristi, di qualsiasi credo politico, che in quei giorni commettevano gli attentati nel nostro Paese.

La svolta di Fiuggi di Gianfranco Fini - appoggiata sia da La Russa sia da una giovanissima Giorgia Meloni, oggi presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia - rappresentò un passaggio di maturità del fu Msi.

Un passaggio che, però, si inseriva nel credo politico di Almirante (“noi siamo centro-destra”) e che portò in Italia, e pure in Europa, una destra moderna, che non aveva più nulla a che fare con un partito, quello fascista, che era ormai stato definitivamente abbandonato alla Storia.

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