Kant fu il filosofo della ragione E quindi della fede

Le riflessioni di Marcello Pera

Kant fu il filosofo  della ragione E quindi della fede
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Marcello Pera ha pubblicato una nuova edizione del suo libro Critica della ragion secolare. La modernità e il cristianesimo di Kant, in parte riscritta e ampliata (Le Lettere, pagg. 268, euro 20). Si tratta di un lavoro vigoroso, che affronta problemi centrali della civiltà europea. Pera, infatti, combatte il secolarismo, cioè l'idea che si possa e debba prescindere da Dio, per essere noi soli gli artefici del nostro destino. Secondo il secolarismo, l'uomo può soddisfare i propri bisogni nei campi della conoscenza naturale, della morale, della politica, del diritto, mediante il metodo del sapere positivo, scientifico, pubblico, oggettivo, controllabile, senza ricorrere alla fede in Dio.

Kant, dice Pera, fu un fermo critico del secolarismo, cioè dell'idea di prescindere da Dio. Il pensatore tedesco ne denunciò le carenze sul piano della filosofia stretta, ma anche le conseguenze sulla cultura vasta. Combatté la sua battaglia quando la polemica antireligiosa celebrava i trionfi rivoluzionari e sostituiva il vecchio Dio della fede cristiana con la Dea della Ragione. Non solo sosteneva Kant la ragione è il nostro giudice ultimo e deve essere difesa: se la fede non è ugualmente salvaguardata, si compromette l'intero edificio che sorregge la nostra libertà, moralità, civiltà. mette l'intero edificio che sorregge la nostra libertà, moralità, civiltà. La fede è essenziale per i singoli individui, che vi trovano le risposte ai loro bisogni fondamentali, e lo è per la specie e per i popoli, che sono chiamati dalla natura loro a progredire moralmente, e possono progredire solo se non cessano di credere nell'approssimazione al Regno di Dio e nella sua guida. In un foglio sparso, un appunto scritto in preparazione dei Progressi della metafisica, Kant scrive: «L'idea di Dio è dunque il necessario ideale logico; l'ipotesi necessaria dell'ordinamento naturale; l'ipotesi necessaria dell'ordinamento morale». Di queste tre tesi, dice Pera, la terza è la più importante. Infatti, per il suo riferimento alla legge morale dentro di noi, l'impianto dell'etica di Kant è cristiano, e cristiani sono i materiali con cui è costruita. Non ne sfugge alcuno. La legge morale è «voce di Dio», a cui non può sottrarsi neppure il criminale peggiore. Il bene è la «volontà buona», che vuole rettamente, senza inclinazioni, e categoricamente, senza eccezioni. Il Sommo Bene è lo «scopo finale» per cui l'uomo è ordinato e il dovere massimo a cui è subordinato. Accogliendo nel suo sistema etico queste nozioni e princìpi, Kant mostra di essere un filosofo cristiano. Il cristianesimo è per lui la più pura delle fedi, anzi è la religione, l'unica religione che la ragione approvi, l'unica che dia senso e sostegno alla nostra vita morale. Si può dire di più. Il Kant che non frequenta alcuna chiesa, crede nel messaggio morale di Cristo.

A tal punto lo accoglie che si impegna, nella sua interpretazione morale e razionale del cristianesimo, per evitare che questo messaggio si trasformi in un corpo di dottrine ripetute senza sincera adesione e corretta comprensione, in strumento di potere politico, in mezzo di coercizione delle anime. Il cristianesimo deve essere puro, e perché sia tale «l'unica cosa necessaria - dice Kant - è la fede morale del Vangelo», il rispetto della sua «legge santa».

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