Ore nove di ieri mattina, incrocio tra via Spezia e viale Liguria, periferia sud di Milano. Consueto traffico congestionato, solite code al semaforo. Siamo fermi, a tre file di macchine dallo stop, quando entrano in azione tre lavavetri. Due percorrono il lato sinistro della strada, uno il destro. Avanzano coordinati, in mano secchi e spazzoloni. Le prime due auto non vengono servite: gli autisti sono stati abbastanza energici nel rifiutare il lavaggio coatto. La signora alla guida dellutilitaria di fronte a noi non riesce a respingerli. Scuote la testa sconsolata e cerca nella borsa qualche spicciolo. Altre due macchine subiscono lo stesso trattamento non richiesto. Scatta il verde, il serpentone di auto si rimette in moto.
È iniziato così il nostro viaggio nel quotidiano disagio dei milanesi tra ingorghi e assalti di mendicanti e lavavetri ai semafori; che sia opera di anziani claudicanti o di giovani molesti, la questua tra le macchine incolonnate è una costante.
Avanziamo su viale Cassala, dopo pochi minuti siamo nuovamente in coda, allincrocio con via Pastorelli. Lungo il centro della carreggiata un uomo senza una gamba arranca sorretto dalle stampelle. Sporge la mano verso i finestrini. Fanno tutti finta di non vederlo. Si riparte, luomo rimane in mezzo alla strada: gli è andata male, non ha raccolto nulla.
Altri cinque minuti di strada e, percorrendo la circonvallazione esterna, arriviamo in viale Troya, allingresso di piazza Napoli. Davanti a noi un signore al volante di una berlina tirata a lucido, si sbraccia per far desistere il lavavetri di turno. Tutto inutile, il ragazzo strizza la bottiglietta col tappo forato piena di acqua e sapone e imbratta il parabrezza. Il guidatore aziona i tergicristalli e contemporaneamente abbassa il finestrino. Il tempo di urlare la propria rabbia e già qualcuno da dietro suona il clacson: è scattato nuovamente il verde. Il giovane replica qualcosa e si vendica della mancia mancata spruzzando il lunotto dellauto che si allontana.
Quando arriviamo in piazza Bolivar è passato un quarto dora dallinizio del nostro «tour». Stavolta tra le vetture si aggira un anziano mendicante. Dalla manica destra spunta un moncherino. Una signora si sporge dal finestrino e fa cadere qualche moneta nella scodella impugnata dalluomo. Neanche un chilometro e finiamo noi stessi nel mirino di una donna che, approfittando del nostro silenzio, getta acqua saponata sul nostro parabrezza. Tre colpi di spazzolone e tende la mano. Con stupore scopriamo che un euro non basta per il servizio. Decidiamo di non darle altri soldi. Lei insiste brevemente nel richiedere altro denaro, poi rinuncia: le conviene passare allauto successiva. Allinizio di via Ranzoni siamo più fortunati. Il ragazzo che bussa al finestrino si accontenta di una sigaretta per lasciarci in pace. Per i cinque chilometri successivi osserviamo drappelli di mendicanti di ogni tipo. Non passano mai più di cinque minuti di percorso fra luno e laltro.
Alle nove e mezzo giungiamo in via Resegone, allincrocio con viale Jenner. Qui lassalto da parte dei lavavetri è più massiccio e inquietante. Non cè modo di evitare i cinque abusivi che intralciano il traffico con secchi e spazzoloni. Evidentemente il numero li fa osare di più. Transitano come dei pendoli da un semaforo allaltro, gettandosi in mezzo alla strada, incuranti dei clacson e degli improperi di chi è al volante. Subiamo il secondo lavaggio indesiderato. Avanziamo, osservando che tra viale Jenner e piazzale Loreto si concentra il maggior numero di mendicanti da semaforo. Quasi ogni incrocio è presidiato; ogni rosso una seccatura.
Transitando verso le dieci meno un quarto per viale Abruzzi, ci accorgiamo che la situazione addirittura peggiora; se da un lato il numero degli assalti a colpi di acqua e sapone diminuisce, dallaltro compaiono le lucciole diurne: i lavavetri si alternano a prostitute e travestiti. Il traffico è sempre più lento e nervoso.
Per le dieci torniamo al punto di partenza. Unora di viaggio attorno al centro di Milano, in una normale mattina di un qualsiasi martedì.
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