
Anna Maria Lorusso ha ereditato una cattedra storica, quella di Semiotica che, all'università di Bologna, fu di Umberto Eco. E quindi non stupisce che, da studiosa, osservi il mondo delle serie, dell'informazione, dei reality, dei true crime, dei podcast, dei social, dei video virali... E che, di fronte a un certo «spaesamento» che molti sperimentiamo abbia affrontato la questione alla radice: «Qui non si tratta più di essere d'accordo o no, qui la domanda è: è accaduto veramente o no? E il fatto che non siamo in grado di rispondere è spiazzante, poiché significa che abbiamo perso il senso della realtà». Ed è così che si intitola il suo saggio: Il senso della realtà. Dalla tv all'intelligenza artificiale (La nave di Teseo, pagg. 252, euro 17).
Anna Maria Lorusso, siamo un po' come gli adolescenti, che sembrano scollati dal mondo reale?
«Sì, solo che succede anche agli adulti... Oggi siamo molto allarmati dall'Intelligenza artificiale e sembra che tutto sia colpa dell'Ia, che fa cose che non riusciamo a controllare, ma credo che questo controllo noi lo abbiamo perso lentamente, accettandolo senza rendercene conto».
Come?
«Gradualmente abbiamo accettato un'idea di realtà molto fantasiosa, finzionale, esagerata: tutti aggettivi che hanno a che fare con le ricostruzioni e le narrazioni mediatiche. Io non credo che i talk e le serie abbiano la colpa di tutto, anzi, alcune sono bellissime; però ci hanno abituato a interagire con una realtà che non sappiamo se sia reale oppure sia quella dei film, delle serie, dei podcast e dei programmi che hanno un enorme successo».
E se uno non li guarda?
«Ma è inutile dire, per esempio, che uno non guarda Temptation Island perché, se mezza Italia lo guarda, quel consumo condiziona comunque i nostri schemi e il nostro modo di pensare: il potere dei media è proprio quello di normalizzare tutto questo, per cui anche per me, che appartengo alla medesima cultura, diventa normale mettere alla prova la relazione di coppia in un reality televisivo. E oltretutto è vero, nel senso che quello che avviene nel programma accade veramente e ha un impatto sulla vita delle persone; ma la domanda è: che realtà è e che senso diamo alla parola realtà in questo caso?».
Parla anche delle teorie cospirative: perché hanno così successo?
«Tutte, perfino la più estrema, come il terrapiattismo, non sono completamente campate per aria: hanno presa sulle persone perché si basano su qualcosa che è già circolante nella cultura e gli danno sviluppo, utilizzandolo come grimaldello per smontare il resto. Così è stato anche per le teorie antivax. Penso che queste teorie offrano a chi vi aderisce gratificazione e che questa sia una delle loro ragioni di forza. E poi le grandi narrazioni servono a creare gruppi e, in un mondo frammentato e individualista come il nostro, tutti sono disorientati e bisognosi di sentirsi parte di un gruppo e di sentirsi intelligenti e attivi. Sono come favole».
E come si affrontano?
«Devi prenderle e smontarle. Non che le cospirazioni non esistano, ovviamente, ma sono convinta che quelle reali non le vediamo neanche. D'altra parte, se guardiamo i documentari e i film cospirazionisti, non solo alcuni sono trasmessi perfino sulle piattaforme commerciali, ma è evidente come cerchino di combattere la scienza ufficiale assumendo la modalità del discorso scientifico stesso, mimando lo stile e le modalità della scienza e dando un'illusione di scientificità mentre la combattono. Un bel cortocircuito...».
Dove ci porta?
«Ci porta al fatto che non ci siamo resi conto di avere perso il senso della realtà, in questo gioco. I true crime sono fatti con la cronaca, le teorie cospirazioniste sulla nostra pelle, e poi arriva l'Ia e ci stupiamo...».
Dice che dobbiamo utilizzare parametri diversi per quanto riguarda l'interpretazione.
«Forse, in questo mondo, con questi strumenti mediatici e l'Ia così potente, non ha senso chiederci se un video sia vero o falso, corrispondente alla realtà oppure creato. Si pensi al video di Trump a Gaza, che è stato creato con l'Ia da un detrattore di Trump, per prenderlo in giro; ma poi Trump lo ha preso seriamente e ripostato, rendendolo significativo di una certa idea politica, della quale si è discusso. È rilevante quindi che il video sia stato creato dall'Ia? Per me no; per me è rilevante che Trump lo abbia messo sul suo social e che sia così diventato il manifesto di un certo progetto politico».
Quindi che cosa dovremmo chiederci?
«Non se è vero o falso, bensì, in questo caso: che senso ha?, perché lo ha messo sui social? Anziché lamentarci dell'Ia dobbiamo imparare a interpretare i risultati che ci offre e ad avere uno sguardo critico, ponendo quei risultati in relazione ai contesti. Il problema è far capire la differenza fra le varie versioni della realtà, che spesso sembrano tutte affidabili contemporaneamente, e dare alle persone, e ai ragazzi in particolare, gli strumenti per valutarle e comprendere quali siano veramente attendibili, e quali no».
Come si danno questi strumenti ai ragazzi?
«Attraverso l'educazione ai
media che, secondo me, dovrebbe essere una materia obbligatoria nelle scuole. Oggi non possiamo prescindere dai media, ma serve un atteggiamento critico verso di essi e questo va insegnato, come la letteratura italiana».