Cronaca locale

Lombardia forte e autonoma è l'eredità che lascia Maroni

Dagli inizi pionieristici della Lega ai ruoli di governo. La battaglia per dare libertà a una "regione speciale"

L'ex ministro leghista Roberto Maroni
L'ex ministro leghista Roberto Maroni

Una Lombardia forte e autonoma. Una regione speciale, ancor più che a statuto speciale. Questa la bussola che ha orientato tutta la battaglia politica di Roberto Maroni, l’ex governatore ed ex ministro scomparso martedì, al quale ieri a Varese sono stati tributati i funerali di Stato alla presenza del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La «Lombardia speciale» è il lascito politico di Maroni, la campagna che stava dietro il referendum sull’autonomia del 2017. Quella «specialità» della Lombardia è l’eredità di una figura politica moderna che ha ancora molto da dire non solo al suo partito, la Lega, ma al Paese. Un leghista capace di «un pensiero profondo e lungo» lo ha definito ieri il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che lo conosceva bene. «Roberto ha sempre rappresentato colui che indicava la via e soprattutto ha sdoganato questo concetto della Lega di governo e questo gli deve essere riconosciuto» ha osservato il governatore veneto Luca Zaia, che insieme a lui concepì quella consultazione, la prima fra l'altro celebrata in Italia con sistema di voto elettronico, nella stessa data dei plebisciti di adesione al Regno d'Italia.

Un passaggio tutt'altro che ordinario, quello del 22 ottobre 2017. E fu lo stesso Maroni a indicare nel referendum sull'autonomia il risultato qualificante del suo mandato presidenziale. Erano i primi di gennaio del 2018 ed erano passati appena due mesi e mezzo da quella consultazione, che aveva portato alle urne oltre 3 milioni di lombardi (che al 96% dissero «sì»).

Ai primi del 2018 Maroni aveva già annunciato la sua intenzione di non ricandidarsi alle Regionali, con uno di quei «colpi inattesi» che ha raccontato, commosso, un suo strettissimo collaboratore, Paolo Bassi.

In quello che fu il suo commiato istituzionale, Maroni volle ripercorrere la battaglia per la «Lombardia speciale», indicandola come un risultato capace di qualificare l'intero quinquennio: «Possiamo concludere in bellezza e aprire una prospettiva straordinaria per la Lombardia» disse. «È la sfida conclusiva del mio mandato di governatore che si concluderà il 4 marzo - aggiunse - È una sfida epocale che mi sono voluto assumere e che voglio vincere».

Sottovalutò forse volutamente le difficoltà di una riforma simile, che incontra ancor oggi molte resistenze centraliste. Eppure colse l'importanza storica di quel passo, che resta come obiettivo prioritario della Lega, se non del centrodestra.

Era una figura politica complessa, quella di «Bobo» Maroni, e oggi amici e avversari lo riconoscono, ricordando quell'intelligenza brillante che scaturiva in quel un sorriso vivace che era il suo «marchio di fabbrica».

Dagli inizi pionieristici agli incarichi ministeriali, aveva sempre conservato un impasto unico di impeto rivoluzionario e saggezza istituzionale. Roberto Castelli ha ricordato quando prendeva l'auto della madre per andare a scrivere «vota Lega» sotto i cavalcavia dell'autostrada. Al fianco di un Umberto Bossi visionario aveva fondato un partito sul quale nessuno avrebbe scommesso nulla, e che oggi è più antico partito in vita dell'Italia repubblicana. Da ministro fu un autentico riformatore e voleva essere il governatore di un'autonomia che valorizzasse la forza lombarda. «La Lombardia - si legge nel sito Lombardiaspeciale - è la regione che versa più tasse allo Stato ricevendo, in cambio, meno trasferimenti in termini di spesa pubblica. In questi anni il residuo fiscale della Lombardia ha raggiunto la cifra record di 54 miliardi». Si citava il premio Nobel per l'Economia James McGill Buchanan Jr, secondo il quale un alto residuo fiscale segnala la violazione dei principi di equità basilari.

Quella battaglia non è finita. «Realizzare l'autonomia sarebbe anche la consacrazione di tutto il grande lavoro fatto da Maroni», dice il capogruppo leghista Roberto Anelli. «Adesso c'è un impegno in più, rispettare la volontà di Roberto Maroni che ci teneva tantissimo» ha ammesso qualche giorni fa il presidente Attilio Fontana.

«Ciao Bobo ha scritto ieri il suo successore - grazie per tutta la strada che hai percorso insieme a noi, al servizio delle istituzioni e con la Lombardia sempre nel cuore».

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