Carriere separate e avvocato in Costituzione

Il modello attuale, fondato sull’unicità della carriera, rischia di generare commistioni culturali e organizzative che minano l’effettiva terzietà del giudice

Carriere separate e avvocato in Costituzione
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L’Organismo Congressuale Forense accoglie con favore il voto finale con cui il Senato chiude la prima lettura del disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante. Questa riforma rafforza la credibilità della giurisdizione senza indebolirla minimamente; non mette in contrapposizione i poteri dello Stato, ma chiarisce ruoli e funzioni nel nome della tutela dei diritti dei cittadini. La separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri è una esigenza storica dell’Avvocatura, emersa con maggiore evidenza dalla riforma del Codice di procedura penale del 1988, con proposte legislative, referendum, campagne di opinione. Superare l’anomalia di un sistema in cui accusa e giudice appartengono alla stessa carriera significa compiere un passo decisivo verso un processo realmente equo, mediante un’evoluzione coerente con quanto già affermato dall’articolo 111 della Costituzione: un processo accusatorio, con parti effettivamente in posizione paritaria.

Il modello attuale, fondato sull’unicità della carriera, rischia di generare commistioni culturali e organizzative che minano l’effettiva terzietà del giudice. È evidente – e percepito anche dall’opinione pubblica – che non può esservi «uguaglianza delle parti» se accusa e giudice condividono percorsi di carriera, promozioni, valutazioni. La riforma corregge questa distorsione senza intaccare l’indipendenza della magistratura, né giudicante né requirente.

Non subordina affatto il pubblico ministero al potere esecutivo, ma ne chiarisce il ruolo: il pm indaga e sostiene l’accusa, il giudice valuta con imparzialità, l’avvocato difende. Ognuno nel proprio spazio costituzionale, a garanzia di un processo trasparente e giusto. Separare i Consigli Superiori della Magistratura non significa frammentare la giurisdizione, ma rafforzarne l’equilibrio interno. Oggi, chi valuta le carriere e le eventuali sanzioni disciplinari di giudici e pm siede allo stesso tavolo.

Con la riforma, ciascun organo avrà competenze autonome e distinte, a beneficio dell’efficienza e della trasparenza del sistema. Anche una sua versione «temperata», come quella che prevede un’Alta Corte disciplinare separata per i magistrati ordinari, costituisce un passo avanti importante. È una soluzione già adottata in altre professioni, dove chi decide sulle sanzioni non coincide con chi valuta la carriera. Questa riforma non è contro la magistratura, come taluni sostengono, ma è a favore dei cittadini, che hanno diritto a un processo davvero equo, dove accusa e difesa siano equidistanti dal giudice. Non si tratta di una forzatura politica, ma di una necessità giuridica, culturale, europea.

Nella maggior parte delle democrazie avanzate giudici e pubblici ministeri seguono carriere separate, senza che ciò comprometta l’indipendenza della giurisdizione ed è opportuno che anche l’Italia si uniformi. Una volta separate le carriere della magistratura, resta un altro tema aperto e importante: il riconoscimento costituzionale dell’avvocato.

L’avvocato è già presente in organi costituzionali come la Corte costituzionale e il Csm: riconoscerne il ruolo nella Carta darebbe piena legittimazione a una funzione oggi prevista solo con riferimento all’attività defensionale.

*Avvocato, coordinatore Ocf
**Avvocato, segretario Ocf

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