«Se ci sono state irregolarità e se saranno rilevati anche elementi di rilevanza penale è chiaro che il Comune di Milano è e sarà parte lesa». Il contesto, in effetti, è appropriato. Il sindaco Giuliano Pisapia è in tribunale, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. La notizia è che la Procura aprirà un fascicolo sulla sentenza con cui il Tar della Lombardia, nel maggio scorso, sospese la decisione presa nel dicembre 2012 dalla Commissione europea e in base alla quale era stata inflitta all'Italia la maxi-muilta da 452 milioni di euro per presunti aiuti di stato nella vicenda Sea-Handling.
Un'ordinanza ben al di là dei poteri dei giudici amministrativi - che avrebbero potuto solo intervire sull'applicazione nazionale di quella sanzione - e che comunque fu un bel regalo sia per Sea che per il Comune, che evitarono le drammatiche ripercussioni sui rispettivi bilanci conseguenti a quella salatissima multa. Per Pisapia, però, «è una decisione che ha fortemente danneggiato il Comune», dato che la ragione per cui «il Consiglio di Stato ha annullato» la decisione del Tar «è stata motivata proprio dal fatto che è stata sospesa anche la decisione della Commissione europea, mentre il Comune aveva chiesto giustamente e correttamente solo la sospensione dell'esecuzione in Italia».
Ma la Procura, come ha ripostato ieri il Corriere della Sera, dovrà fare luce su un giallo che accompagna la sentenza del tribunale amministrativo. Tre giudici, infatti, decisero in camera di consiglio un dispositivo, poi modificato dal presidente del collegio. Morale: la sentenza depositata sospendeva la decisione presa dalla Commissione europea. È stato il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa - l'organo di autogeverno delle toghe del Tar - a fare denuncia ai pm contro il presidente del collegio che si pronunciò su Sea-Handling, e che era relatore ed estensore.
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